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Creato il 03 dicembre 2012 da Malvino

«I dissensi sono più visibili degli accordi come il male è più vistoso del bene. Ciò non toglie che la vita non sarebbe possibile, se in realtà i consensi non fossero superiori ai dissensi ed il bene più duraturo, più serio e più comprensivo del male. Sarebbe perciò desiderabile che gli italiani acquistassero il gusto di consentire e sperimentassero la gioia del dir sì».Il giorno che ammazzarono Aldo Moro tirai un sospiro di sollievo. Povero ingenuo che ero, pensai che insieme a lui morisse pure un certo modo – tutto italiano – di far politica. Sbagliavo. Se ne era stato l’artefice, moriva troppo tardi: aveva già avvelenato i pozzi. In realtà – ci avrei messo una decina d’anni per capirlo – ne era stato solo la più esemplare espressione: con lui – in lui – quel modo di far politica trovava solo il più efficace stilema, facendosi proverbiale. Non ne era stato l’artefice, ma solo l’antonomasia. Fulgida, peraltro, perché anche la rogna può avere in certe croste qualche aspetto affascinante, e Aldo Moro ne aveva. Difficile parlarne, oggi che è un santino. Fosse ancora vivo, fosse morto in altro modo, sarebbe più facile, ma la condanna delle Brigate Rosse lo ha reso ingiudicabile, si può solo venerarlo come martire, e guai a non farlo, si farebbe pessima figura. Mai come oggi, invece, andrebbe disseppellito e portato alla sbarra come il maggior responsabile del cancro che divora la politica italiana. Può darsi, infatti, che la molecola di base fosse già lì, qualcun altro l’abbia lavorata fino a trasformarla in tossina, ma è con Moro che diventa cancerogena. È Moro che promuove ad arte il mezzuccio della mediazione ad ogni costo, è lui che snerva il conflitto in trattativa, è lui che porta il diverso e l’uguale a quell’equilibrio che li corrompe entrambi. Per il «gusto di consentire», nella «gioia del dir sì».

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