Magazine Psicologia

1. Curiosità

Da Racheleceschin

Da dove possiamo partire per assicurarci un po’ di benessere? Certamente da noi stessi e dalla lente che usiamo per guardare il mondo.

Se la curiosità non esistesse, si farebbe assai poco per il bene del prossimo. Ma la curiosità si insinua sotto il nome di dovere o di pietà nella casa dello sventurato e del bisognoso. Forse anche nel famoso amore materno v’è una buona parte di curiosità. Friedrich Nietzsche

Mettiamo subito in chiaro una cosa: la curiosità vera, utile, sana, quella di cui parla anche Nietzsche, non ha lo scopo di giudicare l’altro o di carpire informazioni per riutilizzarle facendo paragoni o congetture.
La curiosità di cui parliamo è quella risorsa che l’essere umano può utilizzare per conoscere il mondo in modo autentico, per osservare gli eventi prescindendo dal giudizio e dai preconcetti.

Pensiamo a una condizione che ci accomuna tutti: la sofferenza. Quanti di noi si permettono di osservarla e conoscerla? Quanti invece occupano il loro tempo e le loro energie nel tentativo di allontanarsi?
La sofferenza altro non è che una lasagna di emozioni. E le emozioni altro non sono che attivazioni fisiologiche del nostro corpo. Non voglio essere riduttiva o semplicistica, ma è proprio così: stimolo – reazione fisiologica – significato emotivo. Le prime due parti le condividiamo con tutti gli esseri viventi più complessi, possiamo dire dai mammiferi in avanti, l’ultima parte invece no. Il significato che diamo a quello che ci succede è una caratteristica dell’essere umano: il bisogno di attribuire un senso che assicuri una certa coerenza. Il problema è che spesso questo significato non fa che alimentare altra sofferenza.

Ecco un esempio:
Marta e Luca si lasciano dopo due anni. La prima cosa che ci viene da chiedere è perché, cosa è successo, sperando di poter dare un senso a questa situazione. Il problema sorge quando la domanda “perché” non è accompagnata da genuina curiosità e rischia di illuderci di cercare una verità assoluta. Il fatto è che la maggior parte delle volte noi leggiamo le cose con il nostro bagaglio di significati e giudizi: questo è giusto, questo è sbagliato. Questo va bene, questo no. E così rischiamo di attribuire colpe, giudizi, responsabilità sulla base delle nostre esperienze, che il più delle volte sono lontane anni luce da quelle delle persone intorno a noi. La conclusione è che Gianna, la migliore amica di Marta potrebbe darle dei consigli o giudicarla secondo un sistema di regole giusto per lei ma non certamente per la protagonista di questa vicenda.

Cosa significa tutti ciò?
Che dobbiamo imparare a guardare la vita senza pensare di avere una verità già preconfezionata in tasca, perché questa é solo un’illusione. La verità è che la vita cambia in continuazione, Marta e Gianna cambiano in continuazione, la nostra sofferenza cambia in continuazione e se non la osserviamo con curiosità rischiamo di non entrare in contatto con la sua natura più vera, perdendo così l’occasione di osservarla, conoscerla e accettarla per quello che è.



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