Riprendiamo la serie di interviste “10 domande a…”. Incontri con designer ad “alto tasso
di creatività”. Questo mese rispondono
Marco Maturo e Alessio Roscini di Studio Klass, chiudendo con una ”ricetta” personale,
in esclusiva per i lettori di desperate_design
1. Com’è stato il vostro approccio iniziale al design? E come vi definite?
L’ avvicinamento al design è arrivato tardi per entrambi, nel senso che abbiamo passato l’infanzia senza sapere assolutamente cosa fosse né tantomeno immaginandoci che mondo si nascondesse dietro questa parola; da ragazzini l’unica cosa a cui pensavamo era truccare il motorino o al massimo giocare a calcio per strada con gli amici. Poi a un certo punto capisci che devi iniziare a mettere a fuoco le cose e iniziare a farti delle domande e a darti delle risposte.
Dopo l’università abbiamo iniziato a lavorare in due diversi studi milanesi mentre la sera ci incontravamo fino a tarda notte per portare avanti i nostri primi lavori nell’attesa, prima o poi, di aprire il nostro studio.
A un certo punto quel giorno è arrivato e ci siamo trovati davanti alle nostre scrivanie a chiederci: “e adesso?”
2. Raccontatevi in 3 oggetti – non necessariamente progettati da voi.
“May day” di Grcic per Flos, per la capacità di essere una lampada semplice e non troppo sofisticata, economica, bella e che lascia libera interpretazione all’interno della casa.
“Tragt” di Boje Estermann per Normann Copenhagen, per aver dato funzionalità e praticità a un oggetto come l’imbuto, rimasto immutato per tanti anni.
Infine la “Air chair” di Morrison per Magis, per aver disegnato una sedia a forma di sedia.
3. Definite “design”: es.un approccio più intelligente alle cose? Forma e funzione? Estetica di livello?
“Form comes from wonder” diceva Louis Khan.
Il “design” è una forma di stato mentale alla quale una persona deve essere propensa per poter creare qualcosa di nuovo. Guardare la quotidianità attraverso occhi che siano allo stesso tempo ingenui e critici, pronti a stupirsi e a giudicare se ce n’è bisogno.
In un’epoca in cui tutto è dato per ovvio, la “nostra” capacità di sorprenderci e meravigliarci è attutita; riuscire a guardare alle cose con modestia, come se fosse la prima volta, è utile per poterle apprezzare a fondo e magari disegnarle di nuovo.
4. Il grande “maestro” che ha influenzato la vostra opera – modelli a cui ispirarsi.
Sono diversi i designer che hanno influenzato e influenzano tutt’ora il nostro lavoro; chi per la poetica, chi per la qualità della forma e chi per l’approccio “militante” verso il design. Achille Castiglioni è stato uno di quelli che è riuscito a mettere insieme questi fattori e a raccontarli al mondo attraverso i suoi oggetti senza-tempo.
5. Come reinventare nuovamente forme e archetipi molto radicati (es. la sedia- la caffettiera)?
E’ chiaro che il design deve essere funzionale, risolvendo alcune delle nostre difficoltà quotidiane e rendendoci la vita più semplice. E’ ancora più chiaro però che diventa sempre più difficile progettare una lampada o una sedia che rivoluzionino il nostro vivere quotidiano, ma proprio per questo la funzionalità può assumere diversi significati: un oggetto che ci fa stare bene, che ci ricorda qualcosa o che ci invita a riflettere svolge comunque una funzione. E questo non è poco.
6. Il vostro approccio al progetto: forme, materiali, colori, tecnologie che preferite.
Ogni progetto ha un percorso e una storia diversa che lo differenzia rispetto agli altri. Prima di iniziare a disegnare studiamo a fondo l’azienda che abbiamo davanti, le tecnologie interne di cui può servirsi, i materiali e, soprattutto, proviamo a “metterci nella testa” di chi poi dovrebbe comprare quell’oggetto.
A volte capita di arrivare al prodotto finale tale e quale a come era stato pensato all’inizio, ma può anche succedere che il risultato sia il frutto di una serie di riflessioni e modifiche maturate nel tempo tra noi e l’azienda.
L’obiettivo è di arrivare ad oggetti che raccontino qualcosa e che creino una sorta di feeling tra l’utente e l’oggetto stesso: l’importante è essere più onesti possibile con se stessi, con il cliente che abbiamo davanti e con l’utilizzatore finale, cercando di evitare i colpi ad effetto che, a lungo andare, risultano un fastidioso dispendio di energie per tutti.
7. Design ecosostenibile: un’utopia? Qual’è il percorso da seguire?
Il concetto di eco-sostenibilità in senso lato è piuttosto complesso e, se letto nella sua totalità, può certamente sembrare utopico: nel nostro piccolo, noi progettisti possiamo compiere brevi passi verso un sistema sostenibile; progettare un oggetto che si smonti in un packaging limitato e quindi possa essere trasportato nei camion in quantità maggiori risparmiando benzina, è già un buon intervento di sostenibilità.
8. Tutela del made in Italy o produzione globalizzata? Pro e contro.
Il made in Italy è ormai diventato una sorta di plus valore sul quale molte aziende giustamente fanno leva; il prodotto si presuppone sia ben fatto ma in compenso ha un costo maggiore sia in produzione che sul mercato.
Il sistema appare impeccabile finchè si tratta di un prodotto di fascia medio-alta; altre aziende invece sono costrette a spostare le produzioni altrove per riuscire a mantenere prezzi inferiori, ma forse se tutti producessero in Italia i terzisti e i fornitori avrebbero più lavoro e riuscirebbero ad essere più competitivi sul mercato.
9. Il progetto dei sogni non ancora realizzato.
Tornare indietro di qualche anno e disegnare una lavatrice con dei bei pomelli di comando, di quelli che quando li ruoti fanno stoc-stoc-stoc.
10. Ricordando gli insegnamenti di Munari (anche il cibo è design) – una vostra ricetta/progetto.
La vera bravura è tornare a casa la sera e riuscire a tirare fuori un piatto pur avendo solo 1-2 ingredienti nel frigo; tornando al design, è un po come quando ti chiedono di progettare un oggetto utilizzando una sola tecnologia, un solo materiale, che costi poco e venda molto.