Continuano le violenze in Siria, ma questa volta l’escalation è davvero pesante: oltre mille morti in una settimana e l’esercito di Assad arriva ad aprire il fuoco contro un campo profughi in territorio turco, ferendo quattro persone. Nella valle della Beeka invece, in territorio libanese, viene ucciso Ali Shaaban, cameraman della NNA libanese. Il regime siriano, ormai allo sbando e sempre più isolato dalla comunità internazionale, inizia ora a scagliare il proprio esercito oltre confine con dei raid che rischiano di infiammare ulteriormente una situazione già di per se gravissima.Persino la Russia, da sempre al fianco di Assad assieme alla Cina, nelle ultime settimane ha ripetutamente criticato l’estrema violenza dell’esercito siriano, probabilmente consapevole del fatto che le atrocità hanno ormai raggiunto un livello tale da essere imbarazzanti ed ingiustificabili per gli stessi alleati del regime, un regime ormai allo stadio terminale. Moscarischia così di perdere il suo ultimo alleato in Medio Oriente, nonché una grossa fetta di mercato per le armi di fabbricazione russa e l’unica base navale rimastagli fuori dai confini ex sovietici.L’Iran dal canto suo rischia di perdere un alleato chiave in Medio Oriente e un canale fondamentale per il rifornimento alle milizie sciite libanesi di Hizbullah; l’asse sciita che per decenni ha tagliato in due il Medio Oriente dal Golfo Persico al Mediterraneo è ormai alle prese con una irreversibile spaccatura. Non a caso segnali preoccupanti arrivano anche da Beirut dove mercoledi scorso il leader del partito cristiano delle forze libanesi, Samir Geagea, è stato raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco che lo hanno però mancato, mentre passeggiava nel giardino della sua residenza a Maarab, a nord della capitale libanese. Geagea è da sempre un fermo oppositore di Hizbullah e del regime siriano e, secondo fonti USA, sarebbe proprio questa la causa del fallito attentato.LaTurchianel frattempo ha perso la pazienza e ha contattato l’ambasciata siriana ad Ankara per chiedere l’immediata cessazione delle attività militari a ridosso del confine. L’attacco sul proprio territorio evidentemente non è andato giù al governo di Erdogan, già impegnato a gestire migliaia di profughi siriani. E’ ormai da tempo che la Turchia alza la voce contro Damasco e minaccia azioni di forza, ci si potrebbe dunque chiedere cosa ci faccia ancora aperta la sede diplomatica siriana ad Ankara.Di Giovanni Giacalone
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Continuano le violenze in Siria, ma questa volta l’escalation è davvero pesante: oltre mille morti in una settimana e l’esercito di Assad arriva ad aprire il fuoco contro un campo profughi in territorio turco, ferendo quattro persone. Nella valle della Beeka invece, in territorio libanese, viene ucciso Ali Shaaban, cameraman della NNA libanese. Il regime siriano, ormai allo sbando e sempre più isolato dalla comunità internazionale, inizia ora a scagliare il proprio esercito oltre confine con dei raid che rischiano di infiammare ulteriormente una situazione già di per se gravissima.Persino la Russia, da sempre al fianco di Assad assieme alla Cina, nelle ultime settimane ha ripetutamente criticato l’estrema violenza dell’esercito siriano, probabilmente consapevole del fatto che le atrocità hanno ormai raggiunto un livello tale da essere imbarazzanti ed ingiustificabili per gli stessi alleati del regime, un regime ormai allo stadio terminale. Moscarischia così di perdere il suo ultimo alleato in Medio Oriente, nonché una grossa fetta di mercato per le armi di fabbricazione russa e l’unica base navale rimastagli fuori dai confini ex sovietici.L’Iran dal canto suo rischia di perdere un alleato chiave in Medio Oriente e un canale fondamentale per il rifornimento alle milizie sciite libanesi di Hizbullah; l’asse sciita che per decenni ha tagliato in due il Medio Oriente dal Golfo Persico al Mediterraneo è ormai alle prese con una irreversibile spaccatura. Non a caso segnali preoccupanti arrivano anche da Beirut dove mercoledi scorso il leader del partito cristiano delle forze libanesi, Samir Geagea, è stato raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco che lo hanno però mancato, mentre passeggiava nel giardino della sua residenza a Maarab, a nord della capitale libanese. Geagea è da sempre un fermo oppositore di Hizbullah e del regime siriano e, secondo fonti USA, sarebbe proprio questa la causa del fallito attentato.LaTurchianel frattempo ha perso la pazienza e ha contattato l’ambasciata siriana ad Ankara per chiedere l’immediata cessazione delle attività militari a ridosso del confine. L’attacco sul proprio territorio evidentemente non è andato giù al governo di Erdogan, già impegnato a gestire migliaia di profughi siriani. E’ ormai da tempo che la Turchia alza la voce contro Damasco e minaccia azioni di forza, ci si potrebbe dunque chiedere cosa ci faccia ancora aperta la sede diplomatica siriana ad Ankara.Di Giovanni Giacalone
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