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11° Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Creato il 16 giugno 2012 da Ambrogio Ponzi @lucecolore
11° Domenica  del Tempo Ordinario - Anno B 
11° DOMENICA TEMPO ORDINARIO ANNO B
Antifona d'Ingresso Sal 26,7.9 Ascolta, Signore, la mia voce: a te io grido.
Sei tu il mio aiuto,
non respingermi, non abbandonarmi,
Dio della mia salvezza.

Colletta
O Padre, che a piene mani semini nel nostro cuore il germe della verità e della grazia, fa' che lo accogliamo con umile fiducia e lo coltiviamo con pazienza evangelica, ben sapendo che c'è più amore e più giustizia ogni volta che la tua parola fruttifica nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo ….
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Ez 17, 22-24

Io innalzo l'albero basso.
Dal libro del profeta Ezechiele
Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà.
Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò».
- Parola di Dio Salmo Responsoriale Dal Salmo 91/92
Rit. : È bello rendere grazie al Signore.

È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte. - Rit.
I1 giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio. - Rit.
Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità. - Rit.
Seconda Lettura 2 Cor 5, 6-10

Sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere graditi al Signore.Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai CorinziFratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione - siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.
Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.
- Parola di Dio Vangelo Mc 4, 26-34
È il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell'orto.Dal vangelo secondo Marco.
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme ger­moglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Ilterreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene semi­nato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. - Parola del Signore
   RIFLESSIONI
  • Con questa domenica riprendiamo il tempo ordinario dopo la celebrazione dei grandi misteri (la Pasqua, la Pentecoste, la SS. Trinità, il Corpo e Sangue di Gesù), misteri che non vanno messi nel dimenticatoio, in quanto sono la base della nostra vita e del tempo ordinario.
È facile oggi cogliere il positivo, il bello, ciò che è grande nel piccolo, come il seme che produce lo stelo fino ad arrivare ad essere un albero. Il seme diventa albero e il chicco di grano diventa spiga e da lì viene la gioia di vivere il raccolto. C’è un’affermazione che dovremmo tenere dentro al cuore perché dona forza: lo sviluppo e il frutto inatteso nascono da una forza propria del grano e del seme. La nostra paura, le nostre incertezze, i nostri dubbi hanno un riferimento saldo e positivo. Questa forza, interna al seme gettato, è legata al mistero e sembra che chi getta il seme non sia consapevole di questo. C’è un lavorio dello Spirito nella storia che porta degli esiti imprevedibili. Non c’è prudenza, esperienza, coscienza che possa cancellare questo fatto. Abbiamo un punto fermo per costruire il nostro quotidiano. Ricordiamo questo perché è bello e vero, anche se resta la difficoltà. Anzi, la stessa difficoltà viene animata dalla forza positiva di questo annuncio del regno. C’è nel testo una domanda: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? ». Questa domanda vuol dire che siamo interrogati su un fatto che completa il quadro precedente. Questo mistero è indicibile, ma insieme chiede di essere accostato, ascoltato, meditato. E c’è un modo di esprimerlo che apre domande: come possiamo comunicare questo mistero oggi? come possiamo noi incontrarlo in modo fruttuoso? Possiamo considerare il testo che fa appello alla parabola per dire ciò che non si può dire, perché ci supera. C’è un’azione e una comprensione. Noi siamo qui stasera perché cerchiamo di cogliere il valore e il peso di questa prospettiva per il nostro ‘oggi’, le nostre famiglie, la nostra comunità nelle difficoltà della crisi economica attuale, del terremoto, delle situazioni varie di disagio. In tutto questo ci sono donate una forza e una comprensione per capire, non nel senso di sciogliere il mistero, ma nel senso di lasciarci istruire. La domanda che a mio avviso è più urgente è questa: Cosa significa gettare il seme? Quando io mi imbatto in questa seminagione? La Parola letta è seme che viene seminato? Ci sono delle leggi, interne al mistero, che ci spingono a portare avanti la domanda in attesa di cogliere un indirizzo, una prospettiva. Ogni omelia è questa parola seminata che porta frutto? C’è un particolare illuminante: il seme gettato nella terra muore, e solo morendo porta frutto. Questa immagine abbiamo già avuto modo di leggerla durante il tempo quaresimale. Anche là c’era un seme caduto in terra che porta frutto. Tra la Parola e Gesù c’è questa connessione, questa legge non imposta dall’esterno ma interiore, cioè la Parola è seme solo se è Parola della croce. Il seme muore per portare frutto, ma se il seme non muore, non porta frutto. Questo vale per Gesù e per tutti noi. Attenzione dunque al legame tra la Parola (= seme gettato in terra che porta frutto), e Gesù, che porta frutto morendo. La semina della Parola obbedisce ad alcune esigenze e soprattutto ad una: essere Parola che muore. Cosa significa? Lo cerchiamo insieme. Quando la Parola muore? Quando è volgare, insipida, quando non ha forza. La Parola è Parola che salva e che apre al Regno quando è una Parola crocifissa. È una Parola che non dimentica mai di indicare il Cristo Crocifisso, cioè è necessario non perdere mai di vista il centro. È una Parola che non dimentica e che ha come sostanza la croce di Cristo. Una Parola che non si distrae è una Parola che non si perde nella banalità o nella dimenticanza del crocifisso. La Parola non deve perdere la radice e quindi non deve cercare il successo mondano o appagarsi di risultati effimeri. Anche noi dovremmo fare attenzione, nell’ambito dei nostri incontri, a non perdere di vista il fatto che stiamo parlando di Gesù morto e risorto. La Parola ci conferma la centralità di Gesù crocifisso, cioè non di un Gesù trionfante, ma di Gesù che muore e poi risorge. Il mistero pasquale, che abbiamo da poco celebrato, ha questa attualità: la Parola, di qualunque cosa parli, è sana se indica il fatto della Morte e Resurrezione. La Parola è crocifissa, cioè non solo indica la croce, ma essa stessa è crocifissa nel senso che deve morire. La Parola non è testo da imparare a memoria per essere recitato, ma un qualcosa che va assimilato per alimentare la vita conforme a Cristo. La Parola crocifissa è una Parola che non cerca il successo, perché non si misura con l’indice d’ascolto, non cerca un’esibizione. La Parola crocifissa non ha come fine se stessa, ma è per la vita. Anche il nostro ascoltare la Parola è per la vita, perché sia il nostro quotidiano alimento di discepoli. Ciò è importante, perché vuol dire superare la distanza tra i problemi e la Parola. La Parola muore nel senso che mira a far crescere la nostra persona, la comunione, il Regno. La Parola è perché il Regno cresca, e non per qualcosa di effimero. Da questo nascono l’amore per la Parola, non come qualcosa di statico, ma di vitale, e la gioia di ascoltare la Parola, di testimoniarla e di comunicarla. Consideriamo allora il valore della Parola in uno scambio, e l’importanza di comunicarci quanto suscita la Parola, approfittando delle occasioni che ci vengono offerte. Uno ad esempio, che deve affrontare difficoltà psicologiche, le affronta con la parola condivisa, dove si impara a vicenda. Quali occasioni possiamo mettere in atto per rispettare questa esigenza dello spezzare il pane della Parola? Un’ultima osservazione riguarda la missione, cioè il desiderio vivo di avvicinare chi ancora non conosce la Parola, perché a sua volta possa essere illuminato. Infine: non tenere la Parola come un privilegio di pochi. La Parola è amore, e viene soffocata quando è trattenuta, impedendo che altri possano essere sostenuti da questa Parola. Responsabilità di fronte alla Parola: dobbiamo farci carico di questa avventura; gli incontri sulla Parola siano un reale cammino. Anche la Parola crocifissa è aperta alla gioia; ma la Parola muore quando è una ripetizione sterile. Dobbiamo accettare di morire per risorgere (“se il chicco di grano non muore ..”).
RIFLESSIONE
Ci sono due passi dei Vangeli dove il messaggio viene affidato alla figura del SEME, che morendo nel terreno fruttifica per forza propria. Precisamente: il SEME = PAROLA ( Mc. 4) il SEME = GESU’ (Gv. 12) È solo una somiglianza suggerita dalla comune immagine del seme?
GESU’, morto, sepolto e risorto è il supremo evento, dove il morire è sorgente di vita. E la PAROLA che lo annuncia è la più scandalosa e salvifica notizia mai udita. Solo una PAROLA CROCIFISSA può annunciare con frutto il CROCIFISSO. Ma che cosa significa PAROLA CROCIFISSA?
Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio.” ( 1 Cor. 1, 17-18)

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