Dopo il primo violino, lo strumentista di fila e la prima viola, prosegue la mia disamina di altri musicisti d’orchestra
4. Il primo violoncello
Il violoncello è forse lo strumento più sensuale, un po’ perché la sua forma ricorda quella del corpo di donna, un po’ perché il suo
Sandro Laffranchini, primo violoncello della Scala
timbro è caldo, morbido, corposo. Il primo violoncello nelle orchestre sinfoniche è il numero due, il vicecapo del primo violino. Il ruolo è veramente molto importante e delicato. E’ il punto di riferimento di tutta la sezione “scura” dell’orchestra, cioè dei suoni bassi e gravi, e molto spesso ha degli assoli bellissimi. Un’ottima orchestra ha sempre un ottimo primo violoncello. Nel luogo comune dell’ambiente è spesso considerato il più presuntuoso e il più permaloso, forse proprio per quest’anelito verso il timone di comando, che non raggiunge mai perché comunque nella rigidissima gerarchia orchestrale il primo violino gli è sempre un gradino sopra.
In Italia abbiamo dei primi violoncelli eccezionali, forse i migliori del mondo. E’ sempre piacevole rivedere, viene trasmesso ripetutamente su Sky Classica, un concerto nel palazzo reale di Abu Dabi della World Peace Orchestra, una sorta di dream team che racchiude i migliori musicisti prime parti del mondo, diretto da Valery Gergiev. Nella prima parte suonano l’ouverture del Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini, dove c’è un lunghissimo assolo, forse il più famoso del repertorio, del primo violoncello. Ebbene, in mezzo a tutti i fenomeni, a suonarlo benissimo è il nostro Sandro Laffranchini, primo violoncello della Scala.
Negli ultimi anni il livello dei violoncellisti in Italia si è alzato molto, decisamente più che per altri strumenti, portandoci ad avere eccellenti solisti come Enrico Dindo, Enrico Bronzi e Giovanni Sollima, richiestissimi primi violoncelli come il pesarese Gabriele Geminiani primo a Santa Cecilia o il già citato Sandro Laffranchini e bravissimi strumentisti in molte delle nostre orchestre.
5. Il contrabbassista
Eccoci al contrabbasso, uno strumento estremamente affascinante (e lo è anche per il pubblico femminile: i contrabbassisti sono fra i musicisti che hanno più successo con il gentil sesso). Se un’orchestra non ha una buona fila di contrabbassi, che sono come “le fondamenta” dell’orchestra, non riesce a suonare insieme: questo è quello che si dice normalmente nel nostro ambiente (suonare insieme in gergo significa farlo in armonia e tutti con lo stesso tempo metronomico). I suoni bassi sono la base su cui ci si appoggia per l’intonazione cioè, in caso di stonatura, è quasi sempre colui che suona la nota più acuta a doversi correggere, il basso ha sempre (o quasi) ragione!
I bassi sono quelli che tengono le redini del ritmo, un po’ come la sezione basso/batteria in una rock band. In una gran parte del repertorio classico, come in gran parte della musica jazz, i contrabbassisti suonano spesso pizzicando le corde, senza usare l’archetto (in realtà lo fanno anche i violini, le viole e i violoncelli ma meno frequentemente). Il suono che ne viene fuori è particolarissimo, come un pulsare di un cuore ed è proprio questo che spesso dà il ritmo a tutta l’orchestra.
Il contrabbassista in orchestra accompagna sempre gli altri con rarissime sortite di assolo ed è, nel luogo comune, il musicista disincantato, il sognatore. E’ un po’ come l’assist-man, il cervello, della squadra di calcio. Lui segna rarissimamente, ma se non gioca bene lui, la squadra quasi sicuramente perderà.
6. Il primo oboe
L’oboe
Il primo oboe è capo e referente di tutta la sezione fiati dell’orchestra. E’ lui che dà il “La” per intonare tutti gli strumenti. Perché proprio il La? E’ una semplice convenzione che deriva dal fatto che è una nota comoda per gran parte degli strumenti orchestrali (in realtà gli ottoni dell’orchestra accordano con il Si bemolle, che è la loro nota fondamentale).
Un tempo, quando non esistevano gli accordatori, si prendeva il La dall’oboe perché è lo strumento che ha meno oscillazioni nell’intonazione e dunque si prendeva come riferimento. Oggi, con gli accordatori elettronici, il primo oboe può decidere, insieme al maestro ovviamente, se accordare il La a 440, 442 o 444 Hertz (numero di oscillazioni al secondo). Nel periodo barocco la frequenza era invece attorno a 420 Hz. Nel 1884 Giuseppe Verdi ottenne dalla commissione musicale del Governo un decreto legge che normalizzava il diapason ad un la di 432 oscillazioni al secondo. Nel 1939 i nazisti in Germania determinarono i 440 Hz come chiave ufficiale del diapason “normale”. Oggi, con gli strumenti moderni, si tende quasi sempre ad accordare almeno a 442 Hz per avere più facilità nell’intonazione.
Il primo oboe, forse perché è proprio lui ad “aprire i giochi” dando la nota a tutti, è di solito uno dei più seri e rigorosi fra i musicisti. Molto spesso lo si vede armeggiare con le sue ance (lamelle di canna lavorate che di solito prepara da solo e che usa per produrre il suono). Al primo oboe sono affidati alcuni degli assoli più belli della storia della musica. Il mio preferito è l’incipit del secondo movimento della Quarta sinfonia di Tchaikovsky, una melodia bellissima, struggente, senza tempo.
(to be continued)