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11 Settembre. Dicci dov'eri.

Da Gianbarly
Ci siamo. Come tutti gli anni, un brivido mi percorre quando guardo il calendario e mi accorgo che siamo arrivati a questo giorno. In bocca un gusto amaro, che sa di dolore, di ingiustizia, di follia, quella follia che porta qualcuno a diffondere le sue idee uccidendo chi si è scelto come nemico.
Me lo ricordo dov'ero quel giorno, me lo ricordo bene. Giorni davvero speciali per me. Era l'estate della maturità e un incredibile colpo di fortuna mi aveva consentito di festeggiarla alla grande. Un mio amico andava a trovare la sorella più grande che viveva in Svezia. Mi aveva chiesto di accompagnarlo. Così mi ero trovato a Goteborg, alloggiato precariamente in un appartamentino della Casa dello Studente, ma nella mitica Svezia, avanti anni luce rispetto alla nostra Italia arretrata e bigotta.
Me lo ricordo il momento preciso in cui l'abbiamo saputo. Come fosse ora. Eravamo tutti e quattro, io, Aldo il mio amico, sua sorella ed il marito di lei, nel piccolo salotto, intenti a chiaccherare. Il televisore era acceso, ma nessuno ci faceva caso. Di colpo il padrone di casa, l'unico che sapeva bene lo svedese, si è irrigidito, voltandosi verso l'apparecchio. Poi, subito dopo, ci ha detto: "Hanno fatto il golpe in Cile!".
Nelle ore e nei giorni successivi le notizie che non avremmo mai voluto sentire. La morte di Allende, le retate, i  prigionieri nello stadio, le torture. La morte di Neruda. Le canzoni degli Inti Illimani che ci parlavano della tragica illusione di costruire un mondo nuovo senza fare i conti con le forze che lo avversavano.
Quell'undici settembre del 1973 ha messo la mia generazione, brutalmente, di fronte alla realtà. Chissà come sarebbero stati gli anni settanta qui in Italia se in Cile non fosse andata così.
Non crediate che con questa rievocazione voglia snobbare l'altro undici settembre. Tutt'altro. Ho un grande rispetto per il dolore degli americani. I loro morti valgono esattamente quanto quelli del Cile e di ogni posto al mondo dove si muore per la follia guerresca di qualcuno. Ho solo voluto dire che quello del 2001 non è l'unico undici settembre. Che, come ha detto Gino Strada, ci sono persone, esseri umani, per i quali è l'undici settembre tutto l'anno. Il loro calendario è fatto solo di sofferenza. Vorrei che in questa ricorrenza potessimo pensare anche a loro.
La colonna sonora di questo post non può che essere la meravigliosa "Gracias alla vida" della cilena Violeta Parra.

Grazie alla VitaGrazie alla vita che mi ha dato tantomi ha dato due soli, che quando li aproperfetto distinguo il nero dal biancoe nell’alto cielo lo sfondo stellatoe in mezzo alla folla l’uomo che io amoGrazie alla vita che mi ha dato tantomi ha dato l’udito che in tutto il suo raggiosente notte e giorno urla, tv e radiosilenzio, vetri rotti, risate e piantoe la voce dolce del mio bene amatoGrazie alla vita che mi ha dato tantomi ha dato il suono e il vocabolariocon lui le parole che penso e declamomadre amica sorella e sole illuminandoe la via dell’anima di chi sto amandoGrazie alla vita che mi ha dato tantomi ha dato i piedi che sto trascinandocon loro ho guardato cittadine e fangolaghi neve deserti monti e mare caldoe casa tua il tuo vicolo la strada e il parcoGrazie alla vita che mi ha dato tantomi ha dato il cuore che agita il suo passoquando vedo il frutto del pensiero umanoquando vedo il bene, dal male lontanoquando vedo in fondo al tuo sguardo chiaroGrazie alla vita che mi ha dato tantomi ha dato il sorriso e mi ha dato il piantocosì io distinguo bacio da cuore infrantoi 2 materiali che fanno il mio cantoed il vostro canto che è lo stesso cantoe il canto di tutti che è il mio stesso cantoGracias a la vida que me ha dado tanto!Tradotta LiberaMente da [email protected]

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