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114. Un suo segreto

Creato il 29 agosto 2011 da Fabry2010
114. Un suo segreto

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La conferenza virtuale ha qualcosa di piacevole, forse perché l’interlocutore è un ologramma inoffensivo, il volume si può alzare e abbassare a seconda delle voci in causa ed è sempre  possibile azionare il tasto dello spegnimento.
- Dobbiamo tirare le somme del discorso.
- Le possibilità sono due: eliminarlo o metterlo a tacere.
I giovani suonano al mercato: c’è il sassofono, il banjo, la chitarra. La gente intorno li fotografa col cellulare.
- Le sue parole hanno riempito il mondo; è sempre più gravoso far valere i princìpi, tenere a bada le popolazioni, soprattutto i poveri, che non hanno niente da perdere in queste congiunture.
- Il problema è il veleno che inocula: le gerarchie che cercano il potere, la ricchezza, i donativi e il loro utilizzo poco cristallino; ci vuole poco a screditare una classe dirigente.
La musica è ritmata; il suonatore di sassofono ha un cespuglio di capelli al vento e baffi d’altri tempi.
- Sta sollevando un’ondata di fanatismo inaccettabile; mette in crisi il possesso della terra, denuncia la violenza legittima, indispensabile per la disciplina.
- Il solito vizio dell’interpretazione letterale: beati i poveri, gli ultimi saranno primi, non chiamate nessuno padre o maestro. Non capisce che la teologia ha smontato questi equivoci, ha ricondotto la dottrina a un programma realizzabile?
Un omone trasporta un vassoio di pane sulla testa calva; due fidanzati si guardano intorno sgranocchiando un cono.
- All’inizio sembrava un personaggio folcloristico: poi la folla ha cominciato a prenderlo sul serio, a tradurre il messaggio nell’attualità, ficcando il naso dappertutto per trovare imbrogli e privilegi.
- Ci mette in ridicolo; critica il fasto delle liturgie, la mania delle adunate oceaniche, l’intrusione nella politica e nell’economia.
Un guida istruisce un crocchio di persone sulla cucina tipica, promettendo assaggi e voluttà, col fascino del pifferaio magico di Hamelin.
- Se tutto fosse finito in un corteo, avremmo potuto sorvolare: ma si formano circoli, organizzano riunioni, studiano piani per attuare le sue idee.
- La nostra forza si basa sul consenso, sugli slogan: se il fronte si sgretola, rischiamo di sparire in men che non si dica.
La bancarelle è piena di cipolle, zucchine, peperoni. Un ragazzo solleva in alto un pesce fresco di almeno mezzo metro.
- Stiamo organizzando una rete di media che discrediti la sua predicazione: vogliamo darne l’immagine di un imbonitore da fiera di paese.
- Forse non basta: i poveri hanno trovato il loro paladino, vogliono andare fino in fondo, a costo di rimetterci la vita.
Il suk dai mille prodotti è lo specchio delle etnie, le voci, le culture di una città senza confini.
- Dobbiamo coinvolgere tv, radio, quotidiani: ogni mezzo allineato deve lanciare un messaggio di disprezzo per l’impostore e i suoi discepoli.
- Ci mancherebbe che mandasse tutto all’aria, dopo venti secoli di lotte e di fatiche.
Tutti i cibi del mondo approdano a questa baraonda, come se il piatto ideale spuntasse quando ognuno ha proposto un suo ingrediente, un segreto che sboccia solo se viene condiviso.



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