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117. Aspettando

Creato il 01 settembre 2011 da Fabry2010
117. Aspettando

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Sì, qualcosa è cambiato: un altro albergo senza nulla di speciale. L’esterno è un edificio bianco sulla cui facciata spiccano solo i balconcini a semicerchio; la hall è un locale giallino dove il massimo del lusso è un vaso con quattro fiori enormi (e forse finti). La camera da letto sembra avvolta nella nebbia: anche qui prevale il bianco, dalle sovraccoperte alle pareti, fino al quadro in cui i colori rappresentano una parentesi accessoria.
- Avigail, voglio farti una proposta.
La spianata delle Moschee o il monte del Tempio sono il simbolo del mondo: di chi può entrare e chi no, chi ha il passaporto per il paradiso o quello per l’inferno.
- Sentiamo.
A chi spetta decidere? Chi ha in mano le sorti di un uomo, una donna, una comunità?
- Ci ho pensato a lungo: dirtelo, non dirtelo, lasciare che il tempo passi e diventi un gesto naturale, o scegliere di agire, pronunciando una parola che potrebbe mandare tutto all’aria.
Non bisogna opporsi? Non ho il diritto di muovermi, di sentirmi libero, cittadino a pieno titolo della città in cui sono nato?
- Ismail, sono successe molte cose, non sono più la stessa.
Perché ci dev’essere chi domina e chi si sottomette? In quale libro sacro si parla di creare i felici e gli infelici?
- Anch’io sono cambiato: da tempo non credevo in niente, volevo distruggere il potere spinto dalla rabbia. Ma ho capito che la vita si deve costruire, anche se pare un’impresa irrealizzabile.
Perché essere giovani è considerata una minaccia, un pericolo sociale?
- Prima, Ismail, uccidevo come niente fosse; facevo sesso perché volevo godere e trasgredire; ora m’interrogo sul senso delle azioni, mi chiedo se sia giusto provocare la morte del nemico, o darsi senza amore.
Cos’è una città che rifiuta, invece di abbracciare, quale storia può nascere in un luogo che vorrebbe cancellarti?
- Mi comincio a preoccupare: vuoi dire che è finita? Che non provi nulla quando stiamo insieme?
Che senso ha una città che non sorride, che non ti vuole bene?
- Non riesci a capirmi. C’è qualcosa che sta nascendo dentro, e non so che nome dargli.
Come si giustifica un mondo che impedisce di sognare, che invece di venirti incontro ti punta il mitra al petto?
- Attenta a non perderti il corpo per inseguire l’anima, Avigail. Dove sei andata? Io sono qui, per sempre, dalla stessa parte.
Quale dio può volere che il volto non abbia lineamenti, che sia un numero da tirare a sorte nel gioco della vita?
- Ho due occhi che mi guardano, Ismail, mi trasmettono qualcosa che devo decifrare.
Perché, Signore, non mi è concesso nulla e  mi sveglio la mattina sapendo che qualcuno mi sbarrerà la strada?
- Ritorna, Avigail, ti prego, abbracciami di nuovo.
Perché non potrò essere me stesso, in una terra che mi dica suo?
- Perdonami, Ismail: so quello che hai in mente. La mia risposta è no. Vado da qualcuno che mi sta aspettando.



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