da qui
Difficile descrivere uno sparo. E’ come un lavandino che si stappa, un applauso troppo forte, l’ultimo colpo dei fuochi d’artificio.
Da qui si vede tutta la città, una striscia di colori che cerca di baciare il cielo.
Il problema è che esplode quando meno te lo aspetti: non riesci a coglierlo nell’ampiezza originaria, registri brandelli di rumore, un’eco sorda che attira l’attenzione, ma in ritardo.
Guardando meglio, ti accorgi delle finestre aperte, le feritoie grigie delle mura, la gente assiepata dentro i pullman.
La prospettiva è diversa dalla parte di chi spara: i particolari sono chiari, la mano che impugna la pistola.
Negli angoli dei muri, nelle ombre di abbaini e sottotetti s’indovinano le tracce della storia.
Il cane sollevato, la leva, la tacca di mira.
Il pastorello che a Hebron diventò il re David.
La guancetta, il carrello otturatore.
E stabilì la capitale qui:Yerushalayim, città di pace.
Il grilletto, il mirino, la volata.
In un’area neutrale, al centro esatto delle dodici tribù, nell’occhio del ciclone, l’unico punto vivibile nel caos.
La molla di scatto, i denti, la sicura.
Nessuno era escluso, fu un sistema perfetto, finché durò il suo regno.
La cartuccia, la bilancia, la leva di comando.
Credono che Dio creasse il mondo, poco meno di seimila anni fa, su questo monte.
Il disconnettore, la barra, la scanalatura.
E Salomone eresse il tempio, dove oggi è la moschea di Omar.
La canna, la coulisse, la finestra d’espulsione.
I suoi discendenti allargarono i confini, costruirono tunnel, prosperarono fino al Cinquecentottantasei.
La rigatura, l’asta guidamolla.
Fino all’esilio in Babilonia, al ritorno, al nuovo tempio, alla distruzione del Settanta.
Ecco, ora è pronta, è impossibile sbagliare.
Il deserto, la polvere, le nuvole accatastate all’orizzonte.
Un ultimo movimento impercettibile, per puntare al cuore.
La riva del lago, il bordo slabbrato di una stella.
Un tuono, una luce improvvisa, che abbaglia, spezza il respiro, per un attimo, per una eternità.
Gli alberi sono un grido verde contro il cielo.
Ancora un altro, mentre Jaacov si contorce, le mani sul petto, la bocca semiaperta.
Il sole a picco è l’occhio stanco di Dio, la sua disperazione.
Ancora uno, le cartucce rotolano piano sul pavimento in pietra.
Yehochoua si avvicina, è un’ombra che si muove lenta, mentre tutti gridano, piangono; i suoi occhi sono un lampo azzurro tra la pistola invisibile e il cuore colpito a morte di Tsion.