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12. Promontorio

Creato il 13 maggio 2011 da Fabry2010
12. Promontorio

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La stanza è moderna: l’armadio è una linea curva che protegge l’intimità del letto, sospeso da terra come un ponte sopra il nulla; il colore prevalente è il bianco, interrotto dal marrone-daino della tenda, della coperta imbottita e il comodino con la sveglia, un libro e il posacenere. Chochana è supina, col viso rivoltato a sinistra, le mani sotto il caldo del cuscino; la schiena – il canyon rettilineo della colonna vertebrale, circondato dai rilievi appena allusi delle scapole – s’impenna all’improvviso nel gonfiore delle natiche, al di sotto delle quali un lembo di lenzuolo sfatto si allunga fino all’inizio del polpaccio. Yehouda è incantato: vorrebbe contemplare per l’eternità il corpo dormiente, promontorio adagiato sullo specchio increspato del Mediterraneo, impregnato dal profumo di lentisco e mirto, i colori del corbezzolo e dell’erica, l’essenza resinosa del ginepro. Cochana è una sporgenza a strapiombo sulla vita di Yehouda, una macchia densa attraversata dal cinghiale e dal tasso, dal moscardino e la donnola, sorvolata da falchi, muraioli e codirossi. L’uomo si avvicina, sta per mettere una mano sulla schiena, là dove comincia il monte lucido dei glutei, quando avverte una specie di rantolo, un suono basso e cupo che articola parole incomprensibili. Non capisce da dove provenga; poi si rende conto che è la bocca di Cochana, le labbra si aprono e chiudono come se qualcuno le avesse prese in prestito, un veleno si fosse insinuato nel golfo assolato di robbie e di ginestre. Ora il senso delle frasi, superata la sorpresa inevitabile, è lampante: ti rovinerò, ti distruggerò la vita.



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