da qui
L’orto degli ulivi è la mappa del mondo: i rami sono pensieri che si biforcano in cerca di una logica plausibile, le radici contorte i sentimenti che si abbarbicano per placare una fame mai saziata.
- Lo sai bene, Yehochoua, siamo alla fine.
- E tu, Shlomstione, sai che potrebbe anche non essere così.
Le foglie sono nuvole verdi che riparano dal sole.
- Non dirmi che ci stai ripensando, che cominci ad ascoltarmi.
- Hai qualche argomento nuovo da portare?
Gli alberi sono uomini stanchi e rassegnati, si legge la fatica di contrastare il caldo, le gelate inaspettate.
- Sì, voglio parlarti dei preti di periferia, che tribolano per seguire le orme del Mashiah.
- Sono tutt’orecchi.
I tronchi si guardano tra loro, sembrano dirsi fino a quando?
- E’ giusto che sopportino da soli il peso del vangelo, che rischino la vita senza alcuna protezione, mentre le alte gerarchie ricevono onori e privilegi nel lusso smodato dei palazzi?
- Sono i più amati dall’Altissimo.
C’è una storia segreta, che puoi ascoltare solo nel silenzio.
- A che serve, se Dio non è presente quando scendono in trincea, quando sono abbandonati dai loro superiori?
- Shlomstione, come darti torto?
Le cose che contano sono quelle che non trovano parole.
- Può una religione rovesciare ogni valore, consentire ai cardinali e ai loro segretari di guardare dall’alto in basso quelli che mandano avanti la baracca?
- Credo di no.
Il vocabolario della vita è nascosto all’incrocio tra il fusto e lo sbocciare dei fiori, l’esplodere dei frutti.
- Come si può tollerare che chi si sottopone giorno e notte alla pressione della gente, chi è chiamato a rispondere momento per momento ai dolori, agli strazi della terra, debba essere umiliato dai cicisbei di ufficio, dai fantasmi inghirlandati che non sanno nulla di sofferenze e croci della gente?
- Mi togli la parola di bocca.
A saper leggere, nell’orto degli ulivi è scritto il destino dei viventi.
- Che diritto di esistere può avere un culto che mette al primo posto il fasto degli abiti, lo scintillio dell’oro, dietro i quali s’indovina la bava immonda dell’ambizione, il desiderio di potere?
- Sfondi una porta aperta.
Tutta la sapienza del cielo e della terra si posa sull’intrico delle piante, il viluppo inestricabile della vegetazione, il garbuglio di odori e di colori.
- Perché non mandare tutto all’aria, non denunciare apertamente la boria insopportabile dei palloni gonfiati?
- Perché la verità, Shlomstione, emerge dall’oscurità; il mondo vive per le lacrime versate all’interno delle case, nel chiuso delle stanze; tutto il potere non vale la visita a un malato, l’accoglienza dell’estraneo o del nemico; la superbia dei capi si sbriciola di fronte all’affanno del prete di frontiera, perché il cielo ama ciò che i capi disprezzano.
Papà, che vuol dire fratello?
Figlio, vuol dire non essere più ciechi.