127. lei era bella
Creato il 15 ottobre 2014 da Mavi
Lei era bella, di una bellezza fuori dai canoni, era bella di vita, di sentimenti. Generosa nel corpo e nei sorrisi, nelle emozioni e nelle condivisioni, parlava e scriveva tanto, dio quanto parlava e scriveva! Quando l'ho incontrata io ero inaridito, privo di energie. Ero duro e disilluso, insoddisfatto e un po' nostalgico. Non avevo niente da perdere. Ho cominciato a frequentarla perché vedevo in lei una donna intelligente e distaccata, una che mi avrebbe preso per quello che ero, senza pretese, un compagno di risate e di incontri leggeri. Da subito le ho confidato i miei segreti, i miei tormentati trascorsi, evidenziando la mia natura ribelle ed un po' animalesca. Le ho raccontato molto di me, delle mie passioni e dei miei desideri, del mio modo di approcciarmi alla vita ed alle persone, mi sono dipinto nel peggiore dei modi perché non potesse dire che non l'avevo messa in guardia. Passavano i giorni e lei era sempre più bella, più desiderabile, i nostri corpi cominciavano a plasmarsi l'uno sull'altro, i nostri occhi cominciavano a mettere a fuoco i segni del nostro passato. Dopo qualche settimana eravamo già cambiati, io continuavo a raccontarle dei miei amori impossibili e delle mie delusioni, comunicandole in tutti i modi il mio distacco, ma più glielo dicevo e più si legava. Avete questa mania di innamorarvi di chi non vi vuole amare voi donne, che non si può capire. Così, quando ha cominciato ad emozionarsi durante i nostri incontri, ad imbarazzarsi, a mostrarsi fragile, ho provato ad allontanarla, le ho ricordato che quegli incontri non avevano alcuna importanza per me, erano un gioco e basta. Lei ha cominciato a lamentarsi, a ribellarsi. Non voleva giocare più. Era bella, di una bellezza non bella, magnetica, ma dopo qualche mese, la sua bellezza si stava offuscando ed io invece miglioravo. Lei si spegneva ed io mi rigeneravo. Era come se le stessi rubando tutta l'energia, io mi ricaricavo e lei si consumava. Eppure gliel'avevo detto che in quella storia il sentimento non doveva entrarci. Una sera ho preso il coraggio e gliel'ho detto esplicitamente: ehi, ma mica mi ami? Lei non mi ha risposto, ma i suoi occhi le si sono velati di lacrime. Non ho retto quello sguardo e sono andato via. Io non la volevo, io non l'amavo, ma sentivo un bisogno quotidiano della sua presenza, della sua voce, della sua risata. Quel corpo da prendere, da fare mio, cominciava a diventare sempre più necessario, avevo desiderio di abbracciarlo di morderlo, di fonderlo con il mio, odori, lingue e mani che si incontrano, si conoscono e si riconoscono, che danno piacere. Più cresceva la passione più si alternavano gioie e sofferenze, sguardi complici ed espressioni diffidenti. La paura di soffrire si stava facendo spazio tra noi. Io non l'amavo, ma lei non ci voleva stare, non lo accettava. Io non l'amavo, e glielo continuavo a dire, con le parole, con i miei modi distratti, con i sorrisi sornioni, con le poche attenzioni. Io non l'amavo e le rivolgevo parole di disprezzo, la prendevo in giro, e lei ne soffriva. Più non l'amavo e più l'allontanavo. Poi, un giorno mi ha detto: Sì, ok, ti amo, e allora? Come potrei non amare uno con cui scopo da dio, rido, mi emoziono, uno che mi vuole sentire ogni mattina, mi vuole vedere appena possibile, come potrei? Credi che le tue inutili parole, cattive, le tue "passioni" per le altre donne, le tue chiacchiere, i tuoi sfottò mi possano fermare? Le cose stanno così nonostante tutto, nonostante TE! Si è dichiarata ed è scomparsa. Meno male che non la amo. Ne trovo un'altra più leggera, ne trovo una che capisce cosa deve fare. Perché una che non si ama si dimentica in fretta. Adesso ci provo a dimenticarla, ci provo e ci riesco subito, mi basterà un mojito, tanto non l'ho mai amata.
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