penso che questo film ponga due interrogativi: chi merita di morire? e chi può decidere chi merita di morire? ci sono molte sfumature, date ognuna da un diverso personaggio, e alla fine la conclusione pare essere che nessuno è mai tanto innocente da poter giudicare e condannare, nemmeno se è una vittima, perchè le vittime spesso si trasformano in carnefici nel loro tramare vendetta, e l'unica soluzione che viene suggerita è che solo vivendo si può fare ammenda. in questa sorta di inferno dantesco il regista Nagasawa Masahiko inserisce due improbabili partner: la guardia carceraria Nango e l'ex-detenuto Migami. i due si conoscono in carcere ed è proprio Nango che offre a Migami di lavorare con lui perchè è convinto della sua sincera volontà di espiare (Migami ha ucciso un uomo accidentalmente durante una rissa). il vecchio e il giovane devono indagare per conto di un anonimo cliente e cercare di dimostrare l'innocenza di Kihara, condannato a morte in base a prove circostanziali e incapace di ricordare cos'è successo la notte del delitto perchè, vittima di un incidente, ha perso la memoria. Kihara però ha un flashback: vede tredici gradini. da questo labile indizio parte la loro indagine che infine porta alla luce il loro stesso passato: il senso di colpa che attanaglia da anni Nango a causa del suo ruolo di carnefice, benchè istituzionale, e quello che affligge Migami, in realtà desideroso di togliere la vita all'uomo che ha finito per uccidere accidentalmente. il film vuole essere anche una condanna della pena di morte e ci riesce molto bene anche solo nelle scene che mostrano la vita nel braccio della morte, lo strazio del condannato che viene condotto al patibolo e l'asettica efficenza del rituale di morte. se proprio devo trovarci un difetto, ammetterò che non mi è piaciuto l'happy ending perchè mi ha dato come l'impressione del contentino, come a voler consolare lo spettatore dopo tanta tensione. comunque è una pellicola che vale sicuramente la pena di essere vista, anche per l'ottima interpretazioni degli attori, primi fra tutti il veterano Yamazaki Tsutomu (Nango), e uno dei miei sogni erotici preferito, ovvero Sorimachi Takashi (Migami), qui inusualmente controllato e dolente. il film è stato presentato con successo all'edizione 2003 del Sundance Film Festival ed è valso due premi come attore non protagonista a Miyasako Hiroyuki (uno dei condannati a morte), che faceva parte anche del cast di Kyashan.
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penso che questo film ponga due interrogativi: chi merita di morire? e chi può decidere chi merita di morire? ci sono molte sfumature, date ognuna da un diverso personaggio, e alla fine la conclusione pare essere che nessuno è mai tanto innocente da poter giudicare e condannare, nemmeno se è una vittima, perchè le vittime spesso si trasformano in carnefici nel loro tramare vendetta, e l'unica soluzione che viene suggerita è che solo vivendo si può fare ammenda. in questa sorta di inferno dantesco il regista Nagasawa Masahiko inserisce due improbabili partner: la guardia carceraria Nango e l'ex-detenuto Migami. i due si conoscono in carcere ed è proprio Nango che offre a Migami di lavorare con lui perchè è convinto della sua sincera volontà di espiare (Migami ha ucciso un uomo accidentalmente durante una rissa). il vecchio e il giovane devono indagare per conto di un anonimo cliente e cercare di dimostrare l'innocenza di Kihara, condannato a morte in base a prove circostanziali e incapace di ricordare cos'è successo la notte del delitto perchè, vittima di un incidente, ha perso la memoria. Kihara però ha un flashback: vede tredici gradini. da questo labile indizio parte la loro indagine che infine porta alla luce il loro stesso passato: il senso di colpa che attanaglia da anni Nango a causa del suo ruolo di carnefice, benchè istituzionale, e quello che affligge Migami, in realtà desideroso di togliere la vita all'uomo che ha finito per uccidere accidentalmente. il film vuole essere anche una condanna della pena di morte e ci riesce molto bene anche solo nelle scene che mostrano la vita nel braccio della morte, lo strazio del condannato che viene condotto al patibolo e l'asettica efficenza del rituale di morte. se proprio devo trovarci un difetto, ammetterò che non mi è piaciuto l'happy ending perchè mi ha dato come l'impressione del contentino, come a voler consolare lo spettatore dopo tanta tensione. comunque è una pellicola che vale sicuramente la pena di essere vista, anche per l'ottima interpretazioni degli attori, primi fra tutti il veterano Yamazaki Tsutomu (Nango), e uno dei miei sogni erotici preferito, ovvero Sorimachi Takashi (Migami), qui inusualmente controllato e dolente. il film è stato presentato con successo all'edizione 2003 del Sundance Film Festival ed è valso due premi come attore non protagonista a Miyasako Hiroyuki (uno dei condannati a morte), che faceva parte anche del cast di Kyashan.
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