Pubblicato da fabrizio centofanti su marzo 28, 2012
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Questa stanza è da sballo, non te ne andresti mai. Ripensi alla mail che hai letto in sogno: esistono premonizioni come queste? Possibile che il sogno corrisponda alla realtà? Da quant’è che non scrivi? La visione ti ha ispirato. Riaccendi il computer, riapri il blog che avevi intitolato Idee per un romanzo. Quale idea migliore dell’amore? Naturalmente un amore tormentato. Lei è ribelle, ideologicamente radicale, diciamo anche violenta. Eppure così tenera, quando state insieme: se fa l’amore piange: vorrebbe essere vergine? Si sente usata? Non l’hai capito mai, eppure, se scrivi un romanzo, puoi azzardare le ipotesi che vuoi. Puoi scrivere che al tedesco della spiaggia non funziona, che lei ci sta ma sul più bello non succede nulla e ha tutti i motivi del mondo per piangere e accendere nervosamente la sua Winston e ricordare di quando le strappavi le spalline e cercavi di sfilarle il costume appiccicato al corpo come una seconda pelle. Da dove cominciare? Ma certo, dal gatto di pietra nella piazza: è un simbolo ricco di futuro, la pietrificazione delle energie animali, l’alienazione che ti blocca e ti deprime a poco a poco, fino a svegliarti una mattina e non sapere più che vivi a fare, con la persona a fianco che non ami, il lavoro che non dà soddisfazione, il mondo intero che crea ostacoli su ostacoli e non ce la puoi fare e dài di matto e schiaffeggi la prima signora che ti rivolge domande inopportune. Sì, comincerai dal gatto, il punto d’arrivo delle tue disavventure, l’abbandono dell’università, il lavoro precario, la fuga continua da non sai che cosa. E poi dovresti spiegare perché Futura ti ha piantato: possibile sia stato solo per il crucco impotente? Ci dev’essere dell’altro: il credo politico, la certezza che il mondo va cambiato, a tutti i costi, pena l’immobilismo e il cinismo, la riduzione allo stato minerale. Ecco che significa il gatto maledetto: sei tu come lei ti ha visto una mattina; si è resa conto di come fossi diverso, di quanto i destini divergessero inevitabilmente di fronte alla lotta, all’idea stessa della vita. Dovresti convertirti, credere che ciò che conta è la battaglia, la difesa dei diritti, la sorte degli ultimi; non è che mi diventi prete? Ci mancherebbe che ti mettessero a guardia di piccoli disadattati, bambini che ti guardano e non parlano, gatti di pietra pure loro, statue insensate destinate al logorio del tempo, a fare la fine di una scritta su un muro o su un pontile, mentre la primavera ridipinge un cielo azzurro e ti convince a scrivere di nuovo.