1440 minuti di silenzio per Silvio. La solidarietà del Pd. Come sempre Lui è Lui e gli altri...
Creato il 11 luglio 2013 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Siamo fuori di testa. Di solito quando muore qualcuno di importante, quasi a ogni latitudine si osserva un minuto di silenzio. Il giorno della dipartita di Re Tuiavii di Tiavea, famoso nel mondo per aver viaggiato fra i Papalagi, i samoani stettero zitti circa 30 secondi poi, imbracciati gli ukulele, si diedero a danze sfrenate. In un famoso discorso tenuto al suo popolo dopo il rientro dal mondo progredito, Re Tuiavii parlando dei papalagi (uomini bianchi), teorizzò la “grave malattia del pensare”. Ecco, il Re, forte solo delle sue tradizioni, aveva capito che il peccato originale dell'uomo bianco non era tanto quello di pensare, ma di farlo a sproposito, perdendosi in meandri mentali che non portavano a una cippa. “Pensare – disse Re Tuiavii – non è male. Farlo a cazzo (ns. libera traduzione), sì”. È un po' quello che è accaduto ieri a Palazzo Montecitorio dopo la richiesta del Pdl di interrompere i lavori della Camera dei Deputati (la stessa scena si è ripetuta a Palazzo Madama) per tre giorni. Lo scopo: solidarizzare con Silvio contro la decisione della Corte di Cassazione di anticipare il pronunciamento sul processo Mediaset. La richiesta del Pdl ci sta tutta. Loro per Silvio si butterebbero nel fuoco (oddio, non esageriamo, nel fuoco no, forse si brucerebbero un dito con un fiammifero). I vari Gasparri, Capezzone & co., giocano il loro ruolo di difensori estremi del Capataz, e per farlo devono sollevare polveroni inverecondi spargendo menzogne e mezze frasi, e non arrivando mai a esplicitare la richiesta di “condono tombale ad personam”, una leggina solo ed esclusivamente per Silvio che così non finirebbe ai domiciliari ma anzi, continuerebbe a sedere sullo scranno senatoriale di Palazzo Madama. Se fossimo deputati e senatori del Pdl, probabilmente ci comporteremmo allo stesso modo. Il capo è il Capo e, dopo tutti i miracoli che ha fatto per darci una dignità, non ce la sentiremmo di abbandonarlo al suo destino. Insomma saremmo solidali con Lui fino alla fine (o quasi). Ma cosa diavolo c'entri il Pd in questa storia non si capirà mai. Per quale cazzo di ragione ha avallato la richiesta dei pidiellini di sospendere i lavori delle più alte istituzioni dello Stato, resterà per sempre un mistero gaudioso. Solidarizzare con il Partito della Libertà, significa polemizzare indirettamente con la magistratura giudicante e marcare ancora di più il solco già profondo che divide i politici democrat dal loro elettorato. Insomma, l'ennesima marchetta di un partito allo sbando al quale tocca pagare, ormai è storia, ogni vento di crisi che spira nell'altro partito, il Pdl. Fateci caso, ogni volta che il Pdl tira fuori un problema a farne le spese è il Pd. Fra le due formazioni politiche esiste una specie di sindrome da gemelli monozigoti. Se uno dei due fratelli ha problemi, ne risente inevitabilmente anche l'altro, spesso ancora di più che il portatore sano di problematiche. La fregatura, nel caso del Pd, è che a risentirne è sempre e solo lui, l'altro va avanti come un treno. Al solito, la decisione presa di contrattare la durata dell'interruzione dei lavori (da tre giorni a uno) è stata fortemente criticata da una parte del partito. Quando Roberto Speranza (di scomparire presto) ha detto che il Pd avrebbe aderito alla richiesta del Pdl, si è scatenato un putiferio con i renziani che non hanno digerito affatto la decisione presa dal capogruppo. E la vicenda si è trasformata in farsa quando Speranza ha dichiarato: “I dissenzienti avrebbero potuto chiedere la convocazione del gruppo parlamentare invece vi fare casino postumo”. Dopo la vicenda di Romano Prodi, la standing ovation seguita alla nomination alla Presidenza della Repubblica e l'entrata in scena dei 101 zozzoni, il buon Speranza ritiene ancora di essere capogruppo di un partito unito, una pia quanto stupida illusione. Il Pd, in nome della tenuta del LettaLetta, e di un presunto senso di responsabilità, si è calato ancora una volta le braghe dimostrando di essere un partito complementare al Pdl, di non avere una visione strategica della politica in tempi di crisi, di essere subalterno alla più pericolosa brigata di quacquaracquà che la storia repubblicana ricordi. All'approvazione della sospensione dei lavori con il voto favorevole dei pidini, i deputati e i senatori dei 5S si sono tolti la cravatta, la giacca e, in maniche di camicia, hanno iniziato a insultare pesantemente i colleghi del Pd, fin quasi ad arrivare alle mani. Ma c'è qualcuno che pensa veramente che con questi onorevoli e senatori del Pd si possa ragionare senza far ricorso alle mani? La vediamo dura. Poi, le parole del saggio Epifani: “Il Pdl non tiri troppo la corda”. Ma il Pdl la corda te la mette intorno al collo e poi la stringe come e quando vuole, caro segretario dell'unico partito al mondo che vince le elezioni per farsi dettare l'agenda dal nemico storico. Continuiamo a dire che su un punto Beppe Grillo ha ragioni da vendere: il popolo italiano è stanco e i forconi stanno arrivando, insieme ai machete provenienti direttamente da Tiavea e che da quelle parti servono solo per aprire gli ananas e le noci di cocco.
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