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>>#14N Un Sud Europa autonomo e non rappresentabile

Creato il 19 novembre 2012 da Felice Monda

Fino a pochi mesi fa il premier Mario Monti dichiarava con grande vanto, in occasione dei vertici internazionali, che l’Italia non era come la Grecia o la Spagna, in Italia si applicavano le politiche di austerità e non c’era conflitto sociale. Chissà cosa dirà adesso al prossimo incontro tra i primi ministri europei.

Il 14 novembre ci dice tante cose, forse troppe per metterle a fuoco subito e per renderle in una sola breve analisi come vuole essere questa. Tra i diversi spunti però, vorrei provare ad approfondire due temi. Il primo è quello del senso politico della giornata, un’esperimento di sciopero europeo inizialmente convocato dalla Ces, la confederazione sindacale europea a cui aderiscono in Italia anche Cgil, Cisl e Uil, ed ha visto da subito il sostegno di alcune forze politiche della sinistra in Grecia (Syriza), Spagna (Izquierda Unida) e Portogallo (Bloco de Esquerda), gli altri Pigs in cui era convocata la giornata di sciopero.

In Italia il #14N arriva grazie alla Fiom che anticipa tutti convocando lo sciopero generale di categoria e costringendo la Cgil – ma non Cisl e Uil che formalmente aderiscono alla Ces – a convocare lo sciopero per il 14 novembre ma di sole 4 ore, a fronte degli scioperi nel resto del Sud Europa proclamati su tutta la giornata lavorativa.

Alla luce della settimana di mobilitazioni, che si è aperta a Napoli con gli scontri tra studenti, precari e disoccupati con la polizia in occasione del vertice italo-tedesco, possiamo dire che i promotori delle manifestazioni sindacali sono stati assolutamente messi in secondo piano dalla forza dei movimenti che hanno attraversato le mobilitazioni del #14N e da una composizione sociale senza dubbio non riducibile e non rappresentata dalle centrali sindacali né tantomeno dai partiti politici.

Ieri nelle piazze italiane c’erano più generazioni che vivono quotidianamanete la precarietà ed il peso delle politiche di austerità e rigore. Probabilmente sono quella parte di paese a cui poco interessano i dibattiti alla X-Factor delle primarie del centro sinistra, a cui poco interessa anche la purezza demagogica del grillismo e la sua assenza di un modello di società alternativa. Sono quelli che probabilmente non andranno a votare e sono senza dubbio i più incazzati del paese. Il collante tra questi giovani e giovanissimi è senza dubbio quello delle condizioni materiali di vita.

Mentre le piazze, piene, radicali e che reclamano una via d’uscita dalla crisi opposta alla linea della troikaeuropea, venivano egemonizzate dai movimenti, partiti e sindacati scoprivano le loro nudità. Succede alla Cgil che mobilita poco in Italia rispetto alle piazze dei movimenti ed i cui dirigenti vengono contestati praticamente ovunque, succede ai leaders politici come Vendola e Fassina contestati a Pomigliano. Ma succede anche in Europa dove, ad esempio, a Lisbona il segretario della Cgtp viene interrotto dai petardi e dagli slogal dei movimenti.

Pertanto se da un lato possiamo dire che nel Sud Europa non esiste un dato di spontaneismo e non esiste dunque nessuna “rabbia sociale” che si autodetermina ma c’è appunto bisogno della costruzione di una agenda politica dei movimenti per esprimere un livello di conflittualità contro le politiche della Bce, dall’altro possiamo sostenere l’assoluta inadeguatezza delle centrali sindacali e dei partiti politici compatibili a vario titolo con le politiche di rigore europeo in questa fase, rispetto ad un pezzo d’Europa che viene schiacciato dalla crisi e dall’austerità.

Da questo punto di vista proprio i politici hanno contribuito a marcare una ulteriore distanza dal paese reale nella giornata di ieri. In Italia lo fa il Partito Democratico che sostiene Monti…e questo pare scontato. Ma lo fa anche Nichi Vendola, che dice di non sostenere Monti – d’altronde non è nemmeno in parlamento – ma partecipa alle primarie del centro sinistra che sostiene Monti. E’ lui, con le sue dichiarazioni contro la violenza delle manifestazioni nella giornata di ieri, il megafono di una casta che in Italia prova a nascondersi dalla piazza dietro le faccie corrugate ed austere del governo dei professori.

L’Italia è il solo paese del Sud Europa dove invece che sui contenuti il dibattito politico si sviluppa intorno al tema – da anni settanta – violenza/non violenza. Appare però chiaro a tutti che il tentativo di rinchiudere la giornata di ieri nel dibattito inutile sulla violenza non può funzionare. Perchè quel paese che non va a votare, quel paese che campa male e camperà malissimo, quel pezzo lì che oggi potrebbe essere maggioritario non gli crede più. Non crede più né alla vulgata dei partiti e forse nemmeno a quella di una certa stampa.

Proprio l’elemento della propaganda è il secondo tema da mettere a fuoco. Nelle piazze italiane ieri si è assistito ad una repressione impressionante. Utilizzo spropositato di lacrimogeni, cariche della polizia spesso gratuite ed una caccia all’uomo in particolar modo nella città di Roma con un numero impressionante di minorenni fermati ed un numero di arrestati incredibile. Stiamo parlando di manifestazioni che volevano violare zone rosse imposte dalle Questure, spesso esclusivamente con strumenti di autodifesa come gli scudi di plexiglass e gommapiuma. La violenza della polizia di una brutalità incredibile.

Grazie ai blogger, ai network di informazione indipendente, ai portali web delle organizzazioni del movimento, grazie a tanti operatori dell’informazione che non erano nelle redazioni a dare sentenze al telefono con i loro editori ma nelle piazze a guardare cosa succedeva, si sta acquisendo una mole enorme di materiali che testimoniano la violenza della polizia. A guardare la rassegna stampa di oggi sembra che in Italia esista un piccolo gruppo terrorista che ieri ha fatto esplodere bombe in 87 città – tanto il numero dei centri dove si sono svolte manifestazioni. Alcuni quotidiani riportano ricostruzioni palesemente fasulle, altri gettano benzina sul fuoco come Il Giornale che spara il titolo “Volevano il morto“, per quelli di partito….lasciamo stare.

Appare assolutamente evidente che la distanza maturata dalle organizzazioni sociali classiche come i partiti ed i sindacati con il paese reale coinvolga oggi anche una parte del mondo dell’informazione. Non si può non vedere come oggi anche l’informazione rischia di essere un megafono delle politiche di asuetrità nel nostro paese. Un elemento che dovrebe far riflettere editori, direttori e redattori. Siamo in un paese dove partiti e sindacati sono in piena delegittimazione. Attenzione a non essere travolti dall’ondata.

di Antonio Musella

http://www.globalproject.info

 


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