Un Natale all’italiana.
di
Carla Tommasone
La sora Nina era quella con la voce più alta, donna Concettina parlava fitto fitto e in dialetto, la signora Agnese invece era roca, la voce tipica di chi è dedito a molte sigarette quotidiane. Stavano accapigliandosi già da un po’ non riuscendo ad accordarsi sul pranzo di Natale.
«Potemo fa un po’ di fritti alla romana, du fettuccine alla papalina, un poco d’abbacchio …» stava proponendo la sora Nina e la signora Agnese era di nuovo inorridita. Praticamente inorridiva a ogni proposta culinaria delle amiche.
«Vuoi scherzare Nina? Che Natale è mai senza un bel brodo di cappone con dei gustosi raviolini fatti in casa?» chiese, forte di una tradizione culinaria radicata.
«E sì, o’ brodò, ci magmamm a’ sciacquatùr dei piattì!» sbottò donna Concettina. «Ma chiiiii?»
«No, Concettina adesso stai sbagliando!» insorse la signora Agnese. «Il mio brodo non ha niente a che vedere con la sciacquatura dei piatti!» replicò offesa.
«Ma perché, due spaghi alla amatricina non ve farebbero leccare i baffi?» insistette la sora Nina.
«E chi li tienè e’ baffì? Nuje avimm e’ dientì e’ a lingua e vulimm magnà!»
«E che vuoi mangiare, sentiamo», la esortò la signora Agnese preparandosi a una proposta oscena.
«Mie carè amichè, o’ cenonè e’ Natalè è a basè e’ pescè!» sentenziò donna Concettina alzando il mento in un gesto di sfida.
«Il pesce? Ma non lo so cucinare e poi dove andiamo a prenderlo? Questa non è una città di mare!»
«Sentitela! Ma nun ci song pescheriè ra cheste partì? E poi o’ facciò io», replicò donna Concetta.
«Ma perché, due puntarelle alla romana e un po’ d’acqua cotta», s’inserì di nuovo la sora Nina ma donna Concetta la bloccò subito.
«A Nanninè, pure tu cu a’ sciacquatùr?»
«Di questo passo non arriveremo mai a un accordo», predisse la signora Agnese sbuffando.
«Famo de tutto un po’», propose la sora Nina.
«Accussì non ci aizzàmm cchiù ra tavula!» replicò donna Concettina sventolandosi con una cartolina che aveva trovato sul tavolo. La casa della signora Agnese era molto calda, le finestre erano sprangate, la porta della cucina chiusa e ciò nonostante Agnese rabbrividiva in una vestaglia felpata che solo a guardarla, donna Concettina sudava. Ma certo che rabbrividiva, Agnese era magra come uno stecco e per forza, con tutti quei brodini!
«Se po’ arapì nu’ pocò?» chiese.
«Aprire? Fa freddo stasera!» rispose Agnese rabbrividendo al sol pensiero.
«E allora che famo?» chiese Nina.
«Per me non è Natale senza brodo e ravioli cappelletti o tortellini!» chiarì Agnese.
«E va bbuò!» cedette donna Concetta. Be’ era Natale e non voleva scontentare l’amica. In fondo le voleva bene. «Magmamòc a’ sciacquatùra dei piattì.»
«Se pò fa così», disse Nina pratica. «La sera della Vigilia ce magnamo er pesce di Concetta, il pranzo di Natale ce sciacquettiamo er budello e a Santo Stefano famo la fritturina e l’abbacchio. Che ne dite?»
Donna Concetta e la signora Agnese si squadrarono guardinghe e poi annuirono.
«Con il Panettone!» precisò la signora Agnese.
«Io me magno e’ struffòl e o’ roccocò!» chiarì donna Concetta che non voleva rinunciare a nessun cibo della tradizione natalizia napoletana, benché non le piacesse in modo particolare il roccocò e aveva sempre paura di rompersi un dente quando lo mangiava.
«Ao’, non ricominciate che ora me state a scoccià!» sbottò la sora Nina e poi additò Concetta. «Sbaglio o proprio stamattina mi hai detto che er Panettone te fa sognà?»
Donna Concettina avvampò e tacque.
«Pertanto semo d’accordo?»
Fu allora che si spalancò la porta della cucina e tre uomini entrarono vociando.
«Concettì, dincèll tu ca’ non c’’e sta nientè e’ cchiu’ buonò ro’ Biancolèll!» sbottò il marito di donna Concetta.
«Ma stai scherzando? Ma perché il Pinot nero dell’Oltrepò Pavese ce lo giochiamo?» replicò il marito della signora Agnese.
«Eh già, perché invece coi Castelli Romani ce lavamo er viso!» protestò il marito della sora Nina ma la sua voce fu coperta dai ragazzini che entrarono schiamazzando nella vasta cucina. Il più grande, in testa al gruppo, correva con una bandiera di stoffa del Napoli annodata intorno al collo a mo’ di mantello e cantava a squarcia gola: “Oi vità oi vità mia, o corè e’ chistu corè si statò o’ primò ammor e o’ primò e l’’ultìm saraì ppe me!”
Il secondo correva nella sua scia sventolando uno stendardo della Roma. «Viva Francesco, viva Francesco!» gridava.
«Francesco chi? Il Papa?» chiese la bimba più piccola che seguiva il gruppetto calcando sul capo un cappellino con lo stemma e i colori del Milan.
«No, Totti», precisò il bambino.
«Mi piace Totti», ammise la bimba.
«E a me piace “il Faraone”», rispose l’amichetto.
«Già, speriamo che tutte e tre ce la facciano a passare la Champion», aggiunse quello con la bandiera del Napoli sulle spalle. «In fondo sono tutte italiane!»
La ricetta…
le mezzelune di verza e ricotta con la goletta ( guanciale )…
Ingredienti per la pasta: 400 g di farina, 4 uova, sale.
Ingredienti per la farcia: 500 gr. di verza, 100 gr. di ricotta, 100 gr di parmigiano grattugiato, 1 cipolla, 1 uovo, olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Ingredienti per condire: 100 gr. di goletta (guanciale), 1 cipolla, 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Sulla spianatoia verso a fontana la farina passata al setaccio, al centro vi metto le uova e aggiungo un pizzico di sale. Lavoro con forza gli ingredienti fino ad ottenere un impasto liscio, consistente ed elastico. Formo un panetto, lo avvolgo in un panno inumidito e lo faccio riposare in frigorifero per circa un’ora.
In una padella con l’olio faccio soffriggere la cipolla finemente tritata, quando è rosolata aggiungo la verza tagliata a listarelle, la faccio insaporire qualche minuto, aggiungo sale e pepe e la porto a cottura.
Quando è cotta la faccio raffreddare, la trito nel mixer, aggiungo i formaggi, il tuorlo dell’uovo, sale, pepe e amalgamo bene il composto.
Con il mattarello stendo la pasta in una sfoglia sottile Con una sacca a poche metto il ripieno a file su metà della sfoglia di pasta, la richiudo con l’altra metà sfoglia e con la rotella taglio le mezzelune.
Man mano che sono pronti le adagio su di un vassoio leggermente infarinato, le copro con un panno e li tango al fresco.
In un tegame faccio appassire nell’olio la cipolla e la pancetta tritate e le faccio cuocere fino a che sono dorate.
In una pentola con abbondante acqua salata lesso pochi alla volta i tortelloni, li faccio bollire pochi minuti, quindi li scolo con una schiumarola e li metto delicatamente nel tegame della pancetta, li rigiro e li servo ben caldi.