da qui
Il viale degli olmi ha un fascino particolare per la circolarità tra le foglie tenacemente appese ai rami e quelle che cedono per debolezza o per destino, precipitando sul tappeto gialloscuro steso sul grigio della strada. Non si distingue più fra l’alto e il basso, il cielo e la terra: sono le foglie a decidere la profondità e l’altezza, il colore dei ricordi e dei rimpianti e quello del futuro, il cielo a sprazzi oltre i fusti contorti e i lampioni stile antico, come se il tunnel della vita, in apparenza chiuso da ogni parte, nascondesse il sogno di una libertà esentata dalla scelta fra i rami e l’asfalto e il circolo vizioso di destino e debolezza, e lasciasse intravedere una via di scampo inaspettata. Chissà chi decide quali foglie debbano salvarsi e quali rovinare sul tappeto grigio della morte che potrebbe visitare, per esempio, la donna bionda col vestito azzurro e la faccia di Jennifer Morrison che ora cerca di capire, con la coda dell’occhio, da dove provenga il rumore esploso dietro a lei; ma non ha il coraggio di voltarsi, mentre Medardo, per la prima volta in vita sua, non si sente diviso tra particolare e universale, ed è convinto che la visione sorpresa in mezzo agli olmi, l’angelo in volo sul tappeto invernale, sia la chiave di volta per rimarginare la ferita del suo essere spezzato: solo adesso si sente in grado di apprezzare la libertà che rende sopportabile la vita, la ragione per cui vale la pena accettare che la foglia precipiti per sempre, che l’esistenza si stacchi dal ramo contorto e logoro di una felicità improbabile. Per questo quando Viola, fattasi coraggio, si volta e incrocia per un attimo le sue pupille dilatate, capisce che è lei, è solo lei lo sprazzo di cielo dello stesso azzurro del vestito, solo lei che può aprire una breccia nel tunnel di un presente grondante di rimpianti, di foglie morte e rinsecchite sull’asfalto grigioscuro della vita.