- Come nacque l'inno
Siamo a Torino: "Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari - Del nuovo anno già l'alba primiera - al recentissimo del piemontese Bertoldi - Coll'azzurra coccarda sul petto - musicata dal Rossi.In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To' gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. - Io sentii - mi diceva il Maestro nell'aprile del '75, avendogli io chiesto notizie dell'Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo.Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po' in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte.Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia.
Fratelli d'Italia(1)L'Italia s'è desta,Dell'elmo di Scipio(2)S'è cinta la testa.Dov'è la Vittoria?Le porga la chioma,Ché schiava(3) di RomaIddio la creò.Stringiamci a coorte (4)Siam pronti alla morteL'Italia chiamò.Noi siamo da secoliCalpesti, derisi,Perché non siam popolo,Perché siam divisi (5)Raccolgaci un'unicaBandiera, una speme:Di fonderci insiemeGià l'ora suonò.Stringiamci a coorteSiam pronti alla morteL'Italia chiamò.
Uniamoci, amiamoci,l'Unione, e l'amoreRivelano ai PopoliLe vie del Signore;Giuriamo far liberoIl suolo natìo:Uniti per Dio(6)Chi vincer ci può?Stringiamci a coorteSiam pronti alla morteL'Italia chiamò.Dall'Alpi a SiciliaDovunque è Legnano(7),Ogn'uom di Ferruccio(8)Ha il core, ha la mano,I bimbi d'ItaliaSi chiaman Balilla(9),Il suon d'ogni squillaI Vespri(10) suonò.Stringiamci a coorteSiam pronti alla morteL'Italia chiamò.Son giunchi che pieganoLe spade vendute:Già l'Aquila d'AustriaLe penne ha perdute.Il sangue d'Italia,Il sangue Polacco,Bevé, col cosacco,Ma il cor le bruciò(11)Stringiamci a coorteSiam pronti alla morteL'Italia chiamò
- Nel testo originario al posto di "fratelli d'Italia" vi era "Evviva l'Italia"
- Si riferisce al generale dell'antica Roma Publio Cornelio Scipione, che sconfisse Annibale a Zama decretando la supremazia Romana sul Mediterraneo.
- il verso rievoca l'antico uso di rasare le schiave per distinguerle dalla donne libere, sottolineando il glorioso passato di Roma sempre vincitrice.
- La coorte era un unità dell'esercito Romano, per la precisione la decima parte di una Legione.
- All'epoca in cui fu scritto il testo l'Italia era ancora divisa
- Traspaiono in questo verso le idee Mazziniane. Il "per Dio" viene inteso come "attraverso Dio", "da Dio"
- Si evoca con Legnano la celebre battaglia del 1176 tra la Lega Lombarda e l'Imperatore Federico I detto il Barbarossa
- Ferruccio è Francesco Ferrucci capitano della Repubblica Fiorentina che nel 1560 combattè per difendere l'indipendenza della stessa contro Carlo V. Ferito a morte venne finito da un capitano delle truppe Imperiali, Fabrizio Maramaldo, italiano anch'esso, ma al soldo dello straniero. Celebri le parole le ultime parole del Ferrucci verso Maramaldo: "Tu uccidi un uomo morto". Anche Maramaldo ebbe a suo modo celebrità, ma il suo nome divenne sinonimo di persona vile, che infierisce su chi è indifeso.
- Il soprannome "Balilla" che ebbe poi seguito durante il periodo fascista, trova origine nella figura, senza riscontri storici precisi, di Gian Battista Perasso, un bambino che il 5 dicembre del 1746, diede via, lanciando un sasso contro le arroganti truppe austro-piemontesi, alla rivolta che portò alla liberazione della città di Genova cinque giorni dopo.
- Si riferisce ai Vespri Siciliani del 1282 quando le campane chiamarono i siciliani alla ribellione contro Carlo d'Angiò
- La Polonia aveva avuto lo stesso destino dell'Italia, smembrata dall'Austria Asburgica e nello specifico dalla Russia Zarista, ma il sangue dei patrioti delle due nazioni si sarebbe presto trasformato in un veleno che avrebbe bruciato l'aquila asburgica.