
L'Unità d'Italia compie 150 anni, e a volte sembra davvero che questo secolo e mezzo sia trascorso invano, a giudicare dalle divisioni che attanagliano il paese, per non parlare dei mille altri problemi irrisolti che il nostro paese deve ancora affrontare. Io ho festeggiato a mio modo questa ricorrenza, realizzando una mostra (finanziata dall'ARP, l'Agenzia Regionale per i Parchi della Regione Lazio), che in questi giorni approda all'info point di Serrone, sui monti Ernici. La mostra si intitola "Verso Sud" e cerca di raccontare il percorso che i viaggiatori del Grand Tour seguivano per andare, appunto, vero sud, verso il confine tra lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie e raggiungere infine Napoli, la meta più agognata subito dopo Roma (e spesso più apprezzata di quest'ultima). Era tutta un'altra Italia. Divisa, ma ancora viva, ancora bella, soprattutto. Strano paese il nostro, incapace di evolvere senza tradirsi, sempre in bilico tra la grandezza e il degrado più totale. Un paese così o lo ami o lo odi. Oppure cerchi di adeguarti, se proprio ci devi vivere. Non puoi non amarlo -per le sue passate bellezze, per la grandezza di molti dei suoi intelletti, per le vette altissime che ha saputo raggiungere nell'arte e nella cultura, per la Natura ancora splendida che sopravvive qua e là- e nello stesso tempo ti trovi a detestarlo con tutto te stesso, perché sai che quella grandezza viene continuamente tradita da una classe politica incapace, superficiale, corrotta o corruttibile, eletta da un popolo che non crede nelle proprie reali capacità, e quindi si affida all'egoismo, al "tiramo a campà", al "Franza o Spagna purché se magna", al pensiero corto (cortissimo), al becero menefreghismo che tutti noi sappiamo essere un tratto caratteristico degli italiani. Ieri ho partecipato ad un interessante incontro su energie alternative e salvaguardia del territorio. Si è parlato di paesaggio e bellezza, con parole ispirate e profonde. Mi piace partecipare a questi incontri, perché si è circondati dal meglio che il nostro popolo sa esprimere, ma nello stesso tempo so che una volta uscito dalla sala e salutati i partecipanti al convegno, ritroverò quell'Italia che il paesaggio e l'ambiente non lo ama e non lo rispetta, che lo riempie di villette e palazzine, di rifiuti ed elementi di disturbo che noi fotografi ben conosciamo (e che sopportiamo solo perché hanno inventato Photoshop!), di stradine, baracche, scoli fognari e quant'altro. Ricordo un'intervista di Tiziano Terzani (a volte penso che mi manca dannatamente gente come lui!) in cui il giornalista raccontava come avesse potuto assistere a rivoluzioni di ogni genere, nate per cambiare la vita alle persone in meglio, cresciute nel nome della giustizia e dell'uguaglianza e poi naufragate nel mare di sangue e sofferenze di ignobili dittature e come tutto questo lo avesse infine indotto a pensare che la vera, unica rivoluzione non può che avvenire dentro ognuno di noi, non può che essere personale. Ne sono convinto anch'io: non esiste politico, legge, dottrina filosofica o religione che possa davvero salvarci: dobbiamo essere noi a trovare il bandolo della matassa, a cambiare il nostro modo di agire e di pensare per fare in modo che le cose cambino davvero, che il mondo sia un posto più bello e piacevole in cui vivere. E proprio perché sono certo che dev'essere il singolo a cambiare, so che il cambiamento è difficile, e chissà se avverrà mai...






