Magazine Horror
Desiderio? Sì, graziedi Marco MontozziCreatura: Djinn
Li sento graffiare, colpire, calciare, grugnire dietro la mia porta.
Mi stupisco del fatto che alcuni di loro sappiano persino parlare anche se a parte ripetere di continuo la parola “Cervelli! Cervelli!” non sembra sappiano esprimere altro.
Credo di non avere scampo. Sono rintanato in casa senza alcuna possibilità i fuga. Al di là dell’uscio decine di zombie –o non morti o ritornanti o come li ha voluti chiamare qualsiasi regista di film horror – premono per entrare e nutrirsi di me della mia carne. Almeno su quest’ultimo dettaglio sembrano essere stati tutti i concordi, i registi.
Se voglio sopravvivere ho una sola possibilità: esprimere il secondo desiderio affinché tutti torni come prima, tutto si resetti e la vita riprende a scorrere quasi normalmente.
Da un certo punto di vista sarei un eroe, certo, e anche se nessuno lo saprà mai avrei comunque salvato il mondo. Mi rode parecchio però, dover cedere alle regole impostemi.
Strofino la lampada, ed ecco apparire, riflesso mille volte sulle piastrelle del bagno, la figura mediorientale avvolta in spirali di fumo animate, la figura del genio o del djinnse preferite.
Iblis si ama fare queste sue entrate scenografiche, così almeno lui le pensa mentre a me ricordano solo gli effetti speciali di “I Dream of Jeannie” ma almeno in quel telefilm il genio era una biondina carina, e invece a me è toccato un nerboruto uomo, peloso, barbuto e dallo sguardo perennemente incazzoso.
“Eccomi Padrone, sono qui per servirti” non mi è chiaro come riesca a farmi sentire la maiuscola nella parola “padrone” ma, ho pensato, che sia una di quelle cose da genio o di tradizione orientale che ignoro.
“Genio, voglio che tu tutto torni come prima che esprimesse il mio desiderio” e lui, con un sorriso soddisfatto e beffardo, schiocca scenicamente le dita e tutto il rumore fatto di strepiti, ringhi, urla, colpi, d’improvviso, cessa.
Resto ancora un momento sdraiato a terra con la schiena alla porta in attesa che si asciughino i sudori freddi e tiro un sospiro di sollievo.
“Padrone, sono in attesa del tuo prossimo ULTIMO desiderio”
Di nuovo riesce a farmi percepire le maiuscole. Stavolta cercherò di fare maggiore attenzione, e di non farmi fregare da tutto quell’insieme di doppi sensi verbali che ogni volta Iblis mette in scena per farmi pronunciare la cosa sbagliata o sprecare un desiderio.
Lo avevo incontrato, o meglio ci eravamo incontrati, nel più semplice dei modi in cui un umano può venire a contatto con un genio-della-lampada, e cioè rinvenendo la lampada.
Era rimasta sepolta sotto mucchi di ciarpame che mia nonna si era ostinata a conservare per decenni: vecchi giocattoli, vestiti del nonno, fotografie di mia madre e decine di cimeli di tempi andati da almeno un novantennio, appartenuti al mio bisnonno e provenienti dalla guerra d’Africa tra cui una vecchia scatola di biscotti con su scritto “non aprire”.
Era evidente che non si trattava di un contenitore di veleno per topi e mi chiesi perciò perché mai non avrei dovuto scrutarne il contenuto. A dire la verità non me lo chiesi, sono un impiccione inveterato, e aprii quel contenitore di metallo in cui trovai, adagiata sul fondo e avvolta in un panno, un lume dall’aspetto orientaleggiante.
Pensai si trattasse di uno di quegli oggetti che tanto andavano di moda nei primi anni venti; di una di quelle imitazioni di oggetti orientali detti cineserie, molto frequenti nei salotti d’epoca.
Così, un po’ per cazzeggio, un po’ per noia strofinai con il panno la superficie della lampada i cui riflessi dorati mi fecero ben sperare: se fosse stata effettivamente d’oro avrei potuto rivenderla ricavandone un bel gruzzolo ripianando così ogni astio che si era venuto a creare nei confronti di quella tirchia di mia nonna la quale, anziché lasciare qualcosa in eredità a me che ero il suo unico nipote, si era mangiata tutto indebitandosi fino al collo ipotecando addirittura la casa che ora mi trovavo a dover svuotare e ripulire affinché la banca ne potesse entrare in possesso effettivo.
Bronzo. Si rivelò essere del volgare bronzo. La gettai perciò nel mucchio per il rigattiere, almeno lui avrebbe potuto ricavarne qualcosa, e mi rimisi al lavoro.
Non mi resi conto immediatamente di quel che stava avvenendo, dal beccuccio superiore della lampada aveva preso a emergere del esalazione densa le cui volute sembravano muoversi spontaneamente come fossero animate.
Solo quando una di queste mi toccò il piede, circondandomelo come una densa cavigliera nebbiosa, mi resi conto che qualcosa non andava così mi voltai convinto si fosse scatenato un piccolo incendio e invece mi ritrovai davanti un uomo gigantesco che, con le braccia conserte sull’enorme torace, mi guardava torvo.
Provai a gridare una, due volte, ma non riuscii a emettere alcun suono.
“Grazie per avermi liberato Padrone” aveva una voce profonda e cavernosa che sembrava provenire da ogni direzione. “Il mio nome è Iblis” proseguì imperterrito “e sono qui per servirti.”
Tacque un momento per osservare le mie reazioni, in quel momento limitate a un continuo e compulsivo deglutire con lo sguardo sbarrato di chi è in preda al panico più totale.
“Co …. Co …. Co …”pronunciai finalmente “Cosa saresti?”
Di nuovo quello che aveva tutto l’aspetto di un genio-della-lampada si presentò, stavolta aggiungendo una mezza riverenza, tenendo sempre fisso su di me il suo sguardo scuro.
“… e puoi esaudire i desideri?” ero esterrefatto. Pensieri quali –non è possibile-non esiste - questo è un maniaco chissà come si è introdotto qui – qualcuno mi aiuti! – si accavallarono tutti insieme nella mia mente sgomitando tra loro per prendere un risolutivo sopravvento. Più diluito degli altri si fece invece largo l’idea che fosse tutto vero, che quello che avevo davanti potesse essere davvero un genio e che la mia vita, di lì a poco sarebbe potuta cambiare.
“Sì Padrone, posso esaudire TRE desideri. Ci sono però delle regole da rispettare, un ordine cosmico che non può essere turbato lo esige.”
Ma di che andava cianciando? Non ascoltai quel che disse, lasciai che la sequela di noiosi divieti che aveva preso a sciorinare, scivolasse via come acqua tiepida, mi persi invece con la fantasia nelle immagini dei possibili futuri che mi attendevano.
Anche perché, cosa sarebbe potuto accadere di “così cosmico”? Galactus sarebbe sceso sulla terra per divorarci?
Quando finalmente tornai con i piedi per terra, trovai Iblis nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato, con le braccia conserte, le gambe disperse in quel cono fumoso in perenne movimento, e lo sguardo fisso su di me. Era evidentemente in attesa del mio primo ordine.
“Vorrei, vorrei …” dissi “… vorrei che Giorgia tornasse da me”. Giorgia era la mia ex fidanzata, talmente ex da essere passata a miglior vita da circa un anno a causa di un incidente stradale.
“Vorrei che Giorgia tornasse da me”
“Padrone, vorrei porre l’accento sulle energie cosmiche di cui ti parlavo pocanzi …”
Di nuovo, non lo ascoltai e anzi gli ordinai “Procedi!”
La cosa non andò come uno si aspetterebbe: uno sbuffo di fumo un “puf” e l’apparizione dell’oggetto del desiderio davanti agli occhi, no.
E a dire il vero inizialmente non accadde proprio niente, dopo che Iblis ebbe pronunciato il fatidico “Così sia” non avvenne nulla degno di nota tanto da lasciarmi pensare che quello non era un genio ma una specie di spiritello dispettoso di cui mi sarei dovuto sbarazzare.
Quella sera a casa, stanco e piuttosto amareggiato cercai di obnubilarmi con un paio di birre e una maratona televisiva de “Gilmore Girls” il programma che Giorgia adorava.
Giorgia, era il pensiero che non mi abbandonava mai, Giorgia era sempre lì al centro del mio cuore impressa a fuoco nell’anima. Giorgia che se ne era andata e mai sarebbe potuta tornare. Giorgia …
Fu una accesa discussione tra Lorelay e sua figlia a ridestarmi. Non mi era chiaro il motivo del contendere e nemmeno mi interessava, la poltrona su cui mi ero addormentato mi aveva costretto a una postura innaturale e avevo le ossa indolenzite.
Dopo essermi stiracchiato e aver fatto scricchiolare tutte le ossa, spensi il televisore e mi diressi verso il letto, quando un rumore attirò la mia attenzione.
Qualcuno sembrava grattare sulla porta di casa. Rimasi in ascolto per qualche secondo e dopo aver escluso la possibilità che si trattasse di un qualche animale, decisi di controllare.
Dalla lente deformante dello spioncino mi arrivò l’immagine arrotondata di una testa castana appoggiata alla porta proprio sotto il mio punto di vista. Avrei riconosciuto quella sfumatura bruna anche tra un milione di anni, il cuore perse un colpo “Allora è tutto vero” pensai.
Quello che mi attendeva al di là dell’uscio però non era la mia amata, almeno non proprio. Un cadavere con indosso i suoi abiti, che ricordava vagamente le sue fattezze, ecco cosa mi si parò davanti e cercò di saltarmi immediatamente addosso non appena aprii la porta.
Calciai, e urlai in preda al panico, riuscii a tenere fuori dall’appartamento quella cosa che aveva preso a spingere ma era solo questione di tempo. Lungo la tromba delle scale altri morti viventi salivano velocemente. Mollai in fretta la presa e con un rapido balzo superai il divano e mi chiusi la porta del bagno alle spalle.
Il resto della storia lo conoscete.
Ora che mi sono ripreso dal panico ho la necessità di riflettere sul da farsi.
Di certo la prossima volta dovrò fare più attenzione a quel che desidero, proprio come dice quel proverbio cinese.
Riapro la porta del bagno e tutto è esattamente come lo avevo lasciato. Mi aspettavo di trovare qualche sedia rotta o dei graffi sulla porta, ma il “reset” ha evidentemente azzerato anche i danni collaterali.
A questo punto mi rimane un solo desiderio. Potrei chiedere di averne altri tre? Iblis era stato piuttosto tassativo in proposito e di certo non volevo ritrovarmi a infrangere qualche altra regola spaziale o cosmica come diceva lui.
No, avrei dovuto agire d’astuzia.
Evocai di nuovo il genio e gli chiesi “Iblis, cosa accadrebbe se la lampada in cui vivi venisse distrutta? Questo non è un desiderio, ma una semplice informazione”.
Per la prima volta il suo sguardo virò dal grave all’incuriosito e mi spiegò che la maledizione che lo lega alla lampada prevede che, se l’attuale involucro viene distrutto lui sia costretto a trovare rifugio nel più vicino oggetto che riuscirà a trovare, pena la sua dissoluzione.
Non avevo bisogno di altro. Iblis mi osservava interessato, e quando vide avvicinarmi con un grosso martello e una penna usb si fece addirittura allarmato. Prima però che potesse solo pronunciare una parola avevo già distrutto il suo rifugio.
Non ci furono esplosioni, scintille, grida. Niente di niente.
Inserii la memoria nel pc e quando il computer mi chiese di esplorare le risorse di questa nuova periferica, trovai un solo file al suo interno: Iblis sul quale feci copia-incolla alcune decine di volte.
Avevo reso così infinito il numero dei desideri a mia disposizione.
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