
da qui
Leopoldo è in crisi: non si aspettava l’apparizione di Musil, che ha dato del romanzo un’interpretazione, a lui pare, assai diversa da quella che ci si aspetterebbe da Calvino. Eppure, a ripensarci, lo sguardo di Palomar non si apre forse su un mondo che fa acqua da tutte le parti, un universo che si disfa e precipita in se stesso come negli scenari di alcune delle Città invisibili? Che il romanzo sia davvero impossibile oggi, nello smarrimento di ogni coordinata, dove il meglio che ci si possa augurare è una navigazione a vista esposta a ogni vento e priva di qualunque meta? Leopoldo si sforza di ricostruire i consigli dei corsi di scrittura, che replicavano stancamente, a suo parere, un copione sciatto e sbiadito. Dunque, quale criterio potrebbe soccorrere in un frangente come questo? Il punto di vista, per esempio. Ecco, ora Leopoldo si metterà nei panni del lettore: che orizzonte d’attesa potrebbe nascere per liberarlo dall’impasse? In che forma si manifesterebbe il desiderio di uno sguardo spassionato sulla pagina pronta per essere scoperta? Quale colpo di scena, quale rivoluzione in un canovaccio che rischia di perdersi nelle secche del già detto e del già scritto? In quel momento bussano alla porta; chi può essere a quest’ora? Leopoldo apre, guardingo: entra un uomo che in quella casa Leopoldo non ha mai visto prima. E’ di corporatura snella, ma robusta, e porta un vestito nero e attillato che, come certi abiti da viaggio, è munito di varie pieghe, tasche, fibbie, bottoni, e di una cintura, e che quindi ha un aspetto particolarmente pratico, benché non si capisca bene a che cosa debba servire. –Chi è lei?- chiede Leopoldo; ma l’uomo elude la domanda, come se la sua venuta fosse una faccenda scontata.
