Autore: La RedazioneLun, 08/07/2013 - 15:30
Accomunabile a quanto ricordato è l’esibizione dell’artista polacco Gosia Wlodarczak che, dal 19 giugno al 5 luglio, è rimasto, con poche pause e meno contatti possibili col mondo esterno, dentro una grossa “scatola” nera in una delle sale della RMIT Gallery di Melbourne.
La performance, intitolata A Room Without A View, come suggerisce il nome non prevedeva finestre, oblò, feritoie. Solo quattro pareti ininterrotte, di colore nero. Durante la sua permanenza all’interno del “box”, Wlodarczak ha disegnato sulle pareti, qualcosa di simile a sterminati graffiti; per di più, è stato possibile spiare la sua drawing performance grazie a una webcam.
Come ha dichiarato lo stesso performer, l’esperienza di parziale deprivazione sensoriale lo ha aiutato a porsi nella posizione di chi, per rappresentare, deve acuire la capacità introspettiva e rafforzare i segni provenienti dai sensi meno costretti. In questo modo, l’esperienza di essere confinati in uno spazio determinato per un tempo piuttosto lungo, si scioglie in un’assenza di recinti, in cui l’artista diventa confine di se stesso.
In fondo, è un po’ come nel caso dell’esperienza ipermediale/transmediale/multimediale in cui siamo immersi, per cui ciascuno tende a galleggiare in isolamento dentro una rete vastissima, quasi infinita.