da qui
Hanno accostato le poltrone, il discorso si è fatto riservato. Shaoul lancia un’occhiata alla tenda rossa e bianca, qualcuno potrebbe ascoltare di nascosto. Gad è nervoso: lo sguardo sornione non riesce a mascherare un’inquietudine che s’insinua nelle ossa. Avigail tira dritto con aria imperturbabile, anche parlando di trappole e attentati, perché l’uomo è pericoloso, non si capisce cosa voglia, e poi, di questi tempi, nel clima di ostilità al paese, le rivoluzioni del Nordafrica, l’afflusso di migranti, rischiamo che tutto salti in un momento.
Shaoul cerca invano di intercettarne gli occhi: vorrebbe capire se la donna parla a nome proprio, o sia solo la pedina di un meccanismo approdato alle propaggini più estreme, materializzate nella bionda appariscente, capace di sgretolare i muri e le pelli più coriacee.
- Non possiamo permettere che si sollevi la feccia del paese. Lui parla di uguaglianza, di diritti dei diseredati, di dignità umana da difendere contro tutti e contro tutto: belle parole, ma si rischia che ci rubino la terra con un colpo di Stato, una rivoluzione.
Gad sorride di sbieco:
- Che aspettiamo? Bisogna eliminarlo subito.
La donna ha un gesto d’impazienza:
- Calma, ragazzo, c’è gente che ne ha fatto un idolo, niente passi falsi. L’organizzazione dev’essere perfetta. Ricordate gli ultimi biglietti? Preparate la strada, sei venuto a rovinarci. Bisogna studiare il piano nei minimi dettagli.
- Shaoul sembra perplesso, ad Avigail non sfugge:
- Qualche riserva, amico?
- Si potrebbe ridurlo all’impotenza, seppellirlo in un bunker e buttare via la chiave.
- Conosci la storia di Giuseppe e i suoi fratelli?
La faccia della donna si è fatta cattiva.
- La conosco bene.
- Mai lasciare un uomo in un pozzo ancora vivo.