Dall’archivio del Bar Frankie, pubblicazione originale del Dicembre 2012.
… Un sogno lungo una stagione
Il 1985 per la città di Verona è: “l’anno del miracolo”. Già, perché ad inizio stagione, con squadre come la Juventus di Platini neo campione d’Europa, l’Udinese di Zico, il Napoli di Maradona seria favorita per il titolo e l’Inter di Rummenigge, nessuno avrebbe mai pensato che la squadra allenata dal “Mago della Bovisa” Osvaldo Bagnoli, le potesse spodestare tutte e conquistare il primo tricolore della sua storia.
1 – Garella
2 – Ferroni
3 – Marangon L.
4 – Tricella
5 – Fontolan
6 – Briegel
7 – Fanna
8 – Volpati
9 – Galderisi
10 – Di Gennaro
11 – Elkjær
Questo è l’11 entrato nella leggenda della società e della città Scaligera, un 11 che partita dopo partita, con la grande organizzazione tattica data dal mister Bagnoli, ha cavalcato senza sosta verso lo scudetto, con solo 2 sconfitte. Non dimentichiamoci in panchina anche le riserve: Spuri, Marangon F., Donà, Turchetta, Bruni e Sacchetti. Pensare che solo fino a 4 anni prima la squadra militava nella serie cadetta.
In città si capì subito dalle prime partite che la stagione sarebbe potuta essere prolifica, infatti alla prima giornata il H. Verona battè proprio la favorita n.1 per la conquista del titolo, il Napoli di Maradona, con un sonoro 3-1 davanti allo stadio Bentegodi gremito di tifosi gialloblu. Dopo quella vittoria la squadra di Bagnoli non abbandonò più la vetta della classifica, inutilmente tallonata da Inter e Torino. Briegel e compagni regalarono ai propri tifosi anche l’onore di battere in casa 2-0 la Juventus di Platini e 3-5 l’Udinese di Zico in trasferta. I tifosi osannarono uno dopo l’altro i loro beniamini, dandone soprannomi o chiedendo che diventassero “sindaco” come successe a Preben Elkjær Larsen, il quale, da gran signore, nel momento dell’addio alla squadra negli anni successivi disse: “E per questo motivo, per rispetto nei confronti chi mi ha amato e osannato fino ad invocarmi come sindaco di Verona, non ho accettato di vestire altre maglie di società italiane. Il loro rispetto meritava il mio rispetto…”. Garella, detto “Garellik” era una sicurezza per tutta la difesa, forte tra i pali e nelle uscite e ricordato per le sue strepitose parate di piede; Tricella, il libero, impostava a meraviglia il gioco della squadra; Ferroni, detto “Il Gladiatore” era insuperabile in marcatura; Marangon L. era una spina nel fianco della fascia sinistra; Briegel, diga del centrocampo ed immarcabile negli inserimenti; Fontolan, detto “La Quercia”, per la sua età, ma anche per la sua resistenza, era il fulcro di Bagnoli; Fanna, detto “Turbo”, metteva in difficoltà tutti gli avversari con le sue tremende sgroppate sulle fasce; Volpati, il cardine dello spogliatoio, tappava tutti i buchi lasciati dai compagni; Galderisi, detto “Puffo al Tritolo”, con la sua velocità ed agilità nel breve era imbattibile; Di Gennaro, fantasia ed essenza del calcio era il regista, piede sopraffino e bombe dalla distanza ed infine Elkjær, soprannominato “Il Cenerentolo” per via del goal segnato alla Juventus perdendo lo scarpino, era il bomber indiscusso della squadra, il perno d’attacco, grazie anche alla sua possenza fisica. Senza tralasciare, ovviamente, Osvaldo Bagnoli, che dal giorno del trionfo, venne soprannominato “Il Mago della Bovisa”.
L’Hellas Verona conquistò lo scudetto con una giornata d’anticipo, in quel di Bergamo si svolgeva la partita Atalanta – Verona, ai gialloblu bastava un pareggio. Quel giorno la cosiddetta “matana”(vedi foto), la follia che quella stagione aveva preso i tifosi dell’Hellas, e che seguiva la squadra in tutti gli stadi d’Italia, si riversò nel capoluogo bergamasco, creando file pazzesche di pullman per le strade, e piazza Bra a Verona venne riempita da migliaia di persone in attesa del trionfo, con l’orecchio alla radiolina e gli ombrelli in mano. Ad andare in vantaggio fu però la squadra orobica, che, sotto il diluvio, si portò avanti con un goal di Perico dopo solo 16 minuti. A pareggiare i conti ed a regalare lo storico trionfo al Verona ci pensò il solito Elkjær, ormai diventato autentico idolo della Sud.
A Bergamo ed in tutta Verona e provincia, partì la festa, che durò fino alla partita di chiusura del campionato, allo stadio Bentegodi la settimana dopo. Ancora oggi, se in città si chiede del 1985, i tifosi chiudono gli occhi e con trasporto ritornano a quel magico anno, senza nascondere un po’ di emozione, loro si meritano l’Hellas in serie A, dopo anni di dominio cittadino del Chievo e retrocessioni fino in serie C per problemi economici. Poi una volta tornati, non costerà nulla sognare un’altra grande cavalcata come quella dell’85. Purtroppo, però, ai giorni nostri, quel tipo di favole non si avverano quasi più, colpa del dio denaro. Magari si potesse tornare come all’ora, che una squadra ben organizzata e ricca di talento la fa in barba alle superpotenze economiche. Noi ci speriamo, per il bene del calcio e dello spettacolo.