Ore sette del mattino, ultimi controlli: l’acqua è chiusa, gli interruttori elettrici staccati , tranne quelli che alimentano frigorifero e surgelatore, il bidoncino dell’immondizia è stato svuotato. Non serve chiudere il gas perché, con tempismo perfetto, la bombola è finita proprio ieri sera.
Valige, beauty-case, borsetta per i medicinali, il mio solito scassone (il vecchio notebook) sono già in macchina, assieme al borsone con occhiali, libri, giornali, penne, matite e accessori per la ricarica dei due cellulari. Tutto ok e, dopo la sosta per l’acquisto dei quotidiani si può tranquillamente partire.
L’A22 sembra un’autostrada germanica più che italiana. Sulla corsia di sorpasso una fila infinità di auto tedesche che, con teutonica precisione marciano tutte a 110 km all’ora, non rendendosi conto che da Bolzano in giù è consentito viaggiare a 130, mentre la corsia normale è occupata da una sfilza di camper, roulottes e motorhome o auto con carrelli traino carichi di biciclette, moto e windsurf , oltre che file di camion delle più disparate nazionalità .
E così , tutti in fila, fino ad Affi, dove finalmente si esce. Il cielo è plumbeo, c’è un’afa tremenda, quasi una promessa di pioggia. A Valeggio si rientra in autostrada. Mi ha sempre affascinato il Mincio in quel posto liscio come una tavola di vetro e di un intenso verde smeraldo.
Come al solito sull’A4, di tre o quattro corsie, la prima carreggiata è quasi sempre vuota, quasi fosse un disonore occuparla. Noi, con la smartina (da quando è mancata la micia non usiamo più “l’ammiraglia”) ci teniamo tranquillamente sulla destra e spesso superiamo (attenzione…superiamo, non sorpassiamo…) le auto a fianco.
Ad un tratto una botta di nostalgia, vedendo una colonna di moto di grossa cilindrata, Harley e BMW che ci sorpassa, e ricordiamo i tempi in cui si andava anche noi in moto.
Brescia è identificata dalla torre dell’inceneritore che sembra quasi disegnato contro il cielo, Bergamo viene segnalata dalla grossa torre in cotto e finalmente l’uscita di Agrate, subito dopo la Star, poi la tangenziale e quindi, annunciata dai ripetitori di Mediaset, l’uscita di viale Palmanova. Da lì a casa è presto fatto. Le solite pulizie, qualche telefonata per avvisare che siamo arrivati, un po’ di spesa (nonostante sia festa qualche market è aperto, mica come da noi provinciali), il solito acquisto dei biglietti e dell’abbonamento settimanale. Si pranza al solito ristorantino, insalatona visto che il tempo è afoso: “solo” 26 gradi (ieri a Bolzano erano 35), ma un umido pazzesco. Poi, come al solito, un primo giro. Si vede che a Milano è arrivato il Papa: dappertutto gruppi di turisti di varie nazionalità, identificati da berrettini o foulards identici, che seguono l’immancabile guida armata di bandierina.
In viale Dante c’è musica… Davanti alle librerie riunite un anziano signore, il viso un nido intricato di rughe, con in testa una paglietta dal nastro tricolore ed il nome Armando suona, piuttosto bene, la fisarmonica. Gli allunghiamo qualche moneta, assieme a qualche parola di complimento e ci ringrazia con un sorriso stupendo, di quelli che illuminano anche lo sguardo, non il solito sorriso di circostanza. In Cordusio invece, due ragazzi, uno bianco, l’altro, in carrozzella, nero, suonano i bonghi, ed il loro rimbombo ci accompagna per molto tempo, fino alla fermata del tram. E dai finestrini vediamo il ” diamantone “ormai quasi completato. Ritorno a casa, per una sosta prima di uscire nuovamente per cena.