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2 - T'ho fregato un'altra volta

Creato il 01 febbraio 2011 da Dallenebbiemantovane

2 - No willful tricks or deceptions may be placed on the reader other than those played legitimately by the criminal on the detective himself.
(Al lettore non possono essere rifilati altri trucchi o inganni oltre a quelli con i quali il criminale tenta legittimamente di buggerare il detective.)
Oggi ci tocca la difesa d'ufficio della Christie, che in Dalle 9 alle 5 trucca spudoratamente le carte mediante l'uso ingannevole del punto di vista. Che ci volete fare, lo sapeva anche lei, di avere barato, e tentò una difesa poco credibile, confermando i suoi sensi di colpa con la semplice constatazione che non lo rifece mai più.
Per la cronaca, io non mi sono mai sforzata di indovinare chi fosse il colpevole nei suoi romanzi, anche perché li ho letti quasi tutti alle superiori e sapevo di non essere abbastanza smaliziata da riuscirci. L'unica volta in cui, a due terzi del romanzo, quasi involontariamente la soluzione mi cadde davanti agli occhi, fu in Assassinio allo specchio: ricordo la gioia intellettuale, la selvaggia, incredibile soddisfazione che provai. Una soddisfazione tanta e tale che fui appagata per sempre e ripiombai nella mia pigrizia solita, lieta di essere intrattenuta dalla signora fino allo scioglimento conclusivo.
Da allora, visto il clamore suscitato dall'episodio, tutti ne sono al corrente, e anche gli altri giallisti si sono sentiti assolti da eventuali violazioni della regola n. 2, ammesso che la conoscessero.
Ma molti altri, specie inglesi come P.D. James, l'hanno coscienziosamente rispettata.
Il risultato qual è? Spesso, un giallo super-iper-macchinoso in cui, sì, tutti i tasselli, dal ciuffo di pelo di gatto persiano alla scheggiatura sul comò di nonna Papera, dall'impronta parziale sulla maniglia del bagno della servitù alle gocce di sangue A positivo rinvenute nello scarico del lavandino appositamente svuotato, vanno a posto. Però la macchinosità si sente.
Chiaro che se non si manda a posto tutto, ci si ritrova con buchi neri e vicoli ciechi nella trama (infatti nel romanzo che sto scrivendo, di aver corso questo rischio me ne accorgo a ogni rilettura), ma se si complicano all'eccesso le premesse, facendo andare tutto a posto si darà al lettore una sgradita sensazione di artificiosità, di legnosità che non lo lascerà del tutto soddisfatto.
Allora, alle volte, non sarebbe meglio semplificare?
Dice la Vargas, una che, mettendo da parte le sue opinioni personali su Cesare Battisti, come giallista mi piace da morire: «Il poliziesco è una specie di favola, ironica o tragica o cerebrale. Non sopporto i gialli ultraviolenti che raccontano crimini complicatissimi (che nella realtà non esistono): un delitto è sempre semplice».
Bello, no? Condivisibile.
Poi, però, quando si passa dalla teoria alla prassi, è lei la prima a complicare le cose all'estremo, vedi Nei boschi eterni dove frega il lettore con trucchetti impossibili da capire, infrangendo simultaneamente anche la regola n. 4 (né il detective né uno degli investigatori ufficiali possono risultare colpevoli) e la n. 20 (troppo articolata per spiegarla qui: ci torneremo). 
A riprova di questo assunto, i suoi lavori migliori, per me, restano Io sono il tenebroso, L'uomo a rovescio e Parti in fretta e non tornare, che splendono di surreale, arcaizzante semplicità. Non vi sembrino troppo misteriose queste parole: leggeteli e capirete esattamente cosa intendo.
Un altro che, letto una volta, non ti fa venire voglia di dargli altre chance, è il norvegese (giallista e musicista, nonché grandissimo gnokko) Jo Nesbø: il suo La stella del diavolo frega il lettore dando una descrizione dell'assassino da parte di un testimone oculare la quale descrizione, alla fine della fiera, si rivela implicitamente inattendibile e quindi fuorviante.
Però, attenzione, lo scrittore non se ne accorge! Tipico esempio di sciattezza e frettolosità di stesura (sommato ad altre incongruenze poco credibili), che evidentemente non è stata controllata da nessuno neanche in fase di revisione; e che si aggiunge, come in Nei boschi eterni, all'ipercomplicazione della trama.
Va già meglio in Nemesi, sempre di Nesbø.


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