2010 Rewind: Belle and Sebastian, Ocean Tango, Everything Everything, Clinic, Mice Parade, Klima e altri

Riprende il nostro "tour" per riscoprire il 2010. Un appuntamento che proporremo per tutti il periodo estivo (tutti i sabato) e se vi garba continueremo anche una volta finita la stagione. Andremo a ripercorrere il 2010 attarverso i dischi più significativi. Ogni volta presenteremo da 5 a 10 album (alcune volte anche di più) che sono legati da un sottile filo. Le altre volte come filo conduttore abbiamo scelto l'elettronica, la musica classica, il violino,  il post-punk, i songwriters stranieri, gli artisti italiani (a cui abbiamo dedicato tre articoli), l'alt-rock. Questa volta abbiamo scelto come filo conduttore il pop in tutte le sue forme e contaminazioni. Buona Lettura.

 

WRITE ABOUT LOVE – BELLE AND SEBASTIAN. Ottavo album in studio per la band scozzese che non si discosta più di tanto da quanto fatto in precedenza, ovvero un pop-rock/indie leggero e profondo e ben strutturato, suonato e cantato. Un album che inizia col botto con I didn’t see coming che vede subito protagonista la voce femminile Sarah Martin che si intreccia con la voce maschile e i preziosismi musicali offerti in questa traccia trasognante nella prima parte e più cadenzata e ritmata nella seconda. Decisamente di un altro piglio le tre successive: come on sister (tipico brano veloce della band), calculating bimbo (tipica ballata) e I want the world to stop (uno dei migliori dell’album) dove vengono introdotti arrangiamenti orchestrali e i il ritmo si fa via via più intenso. Poi ritroviamo Norah Jones in Little Lou, Ugly Jack, Prophet John, canzone/ballata bella ma abbastanza ruffiana. Si ritorno a ritmi allegri (e torna Sarah Martin) e frizzanti con la title-track (con uno dei testi più interessanti) che ha delle belle brevi parti strumentali. Più articolata e onirica I’m not living in the real world (molto beatles-style). Una delle mie preferite dell’album. Seguono la morbida (e anche questa ruffiana) The Ghost of rockschool e la più eterea Read the blessed pages che ha passaggi musicali più interessanti. Trombe (almeno credo siano tali) e Sarah Martin in I can see your future, per poi concludere con Sunday pretty Icons con uno dei più bello arrangiamenti del disco e perfetta armonia tra le due voci. Un disco non esaltante come i precedenti, ma comunque notevole.
 

MAN ALIVE – EVERYTHING EVERYTHING. Uno degli esordi più interessanti dell'anno passato. Gruppo inglese di Manchester che sforna un disco con una solida base pop e varie influenze dagli altri mondi musicali (indie e progressive in particolare e anche qualche incursione di elettronica e funky). E poi da mettere in evidenza la voce del cantante che sfodera dei falsetti davvero notevoli e una scrittura discreta. Nel primo singolo my kz, yr bf è pesante l’influenza del funky, mentre nel successivo qwerty finger non si può notare una notevole somiglianza con gli ultimi bloc party, sia musicalmente parlando (ritmo incalzante) che per le modalità di canto. Schoolin che comincia quasi in stile tribale riprende lo stile della traccia d’apertura. Il cantante mette in mostra tutte le sue potenzialità in Leave the engine room (una delle mie preferite del disco) anche grazie ad una base musicale più low-profile dalle tinte elettro-pop. Forte base elettronica anche per the Final Form che ha decisamente un'altra cadenza, anche s e personalmente non mi dice niente se non per la parte finale. Così come la successiva Photoshop handsome, nonostante la sua solarità. Di notevole fattura la successiva two for nero, dove ancora una volta la voce di Jonhatan Everything fa cose straordinarie e la base musicale cade in un loop infinito che si sviluppa solo nel finale. Bella anche la successiva Suffragette Suffragette dai toni decisamente più rock, la più nervosa del disco: gran pezzo. SI continua con un bel ritmo ed alti livelli con Come Alive Diana per poi passare al bellissimo pezzo più lento Nasa is on your side che a tratti ricorda un po’ i Coldplay. Di grande forza emotiva Tin (The Manhole); non da meno la traccia conclusiva Weights martellante nelle strofe e liberatoria nei ritornelli.
 

THE OCEAN TANGO – THE OCEAN TANGO. Fra le ultime uscite dell'anno scorso ci sono gli Ocean Tango che spuntarono dal nulla sfornando un ottimo disco. L’eleganza e la ricercatezza sono le caratteristiche principale grazie ad un pop raffinato condito da momenti puramente orchestrali e “intrusioni” di altri generi come il jazz (azimuth, a friend, Christmas in july), il post-rock (di cui la splendida In Flight e Hosanna ne sono la dimostrazione) il dream-pop (stills, The Ocean Tango) e momenti teatrali e cinematografici in bianco e nero (The Munich Train, Forgotten Books, Par Hasard, Hirondelles).
 

BUBBLEGAM –CLINIC.  I clinic sono una di quelle band che si è distinta per qualità, bravura e basso profilo nella scena post-art-punk e mantenendo in pianta stabile una certa struttura di suono in ogni disco prodotto; hanno cercato sempre di rinnovare il suono impreziosendolo con l’incursione di altri generi e con testi che hanno nell’introspezione il loro perno. Questo Bubblegum risente pesantemente dell’iniezione di sfumature indie-pop e lo-fi. Il primo pezzo I’m aware ci mette subito in una condizione di riflessione per la sua attitudine radioheadiana, anche se una versione meno sofisticata. Continua il viaggio nell’abisso con la bellissima title-track dove gli strumenti si fanno più profondi e vigorosi. Baby è una bella ballata psichedelica molto particolare e ricercata mentre Lion tamer ridà ritmo al disco e porta per la prima volta notevoli distorsioni del suono: uno dei pezzi più belli dell’album. Ritornano i ritmi lenti con Linda, quasi una ballata psych-folk, così come la seguente Milk and Honey con la parte psichedelica più presente. A sorprendere è radio story, un pezzo spoken-word a dir la verità poco efficace musicalmente parlando. Il disco procede a ritmo lento anche con la bella e a particolare forever e la successiva another way of giving che sembrano un’unione fra radiohead e velvet underground con getti di folk-blues. Il ritmo si innalza leggermente con Evelyn, pezzo decisamente più indie. I Clinic mi soprendono (positivamente questa volta) ancora una volta ancora con la canzone Un astronauta en cielo, traccia tutta strumentale fra il post-rock e il chill-out. Il disco finisce con la malinconica ballata folk-rock  Freemason Waltz e con la più consistente ed energica Orangutan, per me il pezzo migliore del disco.

CARDIAC MALFORMATION – THUS: OWLS. Tutto ciò che viene dai paesi scandinavi raramente passa inosservato e infatti questo disco dei Thus: Owls sorprende per avere un forte attaccamento alle sonorità della propria terra d’origina (voce che ricorda Bjork, Mum, Sigur Ros e la britannica PJ Harvey) ma allo stesso tempo una certa originalità condendola con frammenti di jazz, orchestral pop. Un disco etereo e oscuro allo stesso tempo, che vede in Yellow desert e sometimes i suoi punti di forza.

SERENADES & SERINETTES - KLIMA. Disco notevole per il contenuto emotivo: un disco d'atmosfera tra l'acustico e il dream - pop, quello più ricercato. Impossibile non rimanere catturati da canzoni come By My side, Bottomless sea o dalla splendida Father.

THIS WIlDERLESSNESS – YAMON YAMON. Gruppo della scena alternative svedese (come al solito I paesi scandinavi ci offrono delle perle) che mescola pop-rock-indie con influenze progressive e di post-rock (naturalmente senza dimenticare le contaminazioni dovute al loro paese d’origine). La cosa che risalta di più è la qualità tecnica dell’album, suonato magistralmente, curato nei minimi dettagli dalla voce sino al suono meno udibile e con dei testi tutto sommato apprezzabili. La canzone d’apertura alonso, una loop-track tra chitarra e batteria che “discutono” con progressione finale davvero entusiasmante. Wang Lee è molto più nervosa e pesante nelle chitarre con un finale che vale tutto l’album, mentre con no depression viene fuori un disegno etereo degli yamon yamon. E arriviamo a darker place, una delle più belle del disco e non a caso una delle più articolate; in seguito si passa dalle tinte folk di two sides all’armonia ed eleganza di African Nights e di Fast walker; L’opera si completa con la imponente every plane is an adventurer (che fa molto Aracde Fire) e  la dream-pop e molto suggestiva High Class.

WHAT IT MEANS TO BE LEFT-HANDED – MICE PARADE.Se non sapessi che fossero di New York avrei puntato su qualche paese del nord-europa. Le atmosfere  e il loro indie-pop alternativo ricordano molto i gruppi di quella zona e in particolare Radio Dept, Mum e anche qualcosa dei kings of Convenience. Un album piacevole.

TOMORROW IS ALRIGHT – SONNY AND THE SUNSETS. C’è questa tendenza nell’ambito del macro-genere del pop, che è quella di cercare sempre più una sofisticatezza che nella maggior parte dei casi non appartiene alla categoria. E questo provano a fare sonny and the sunsets che propongono una selezione di canzoni pop contaminate da sonorità folk e soft rock, anche se l’eccessiva ripetitività delle melodie mi impedisce di apprezzarlo totalmente. Planet of women la migliore del disco a mio parere.

Miniplaylist: 1 pezzo per ogni gruppo/artista

I Want the world to stop - Belle And sebastien
Qwerty Finger - Everything Everything
Stills - The Ocean Tango
Orangutan - Clinic
Yellow desert - Thus:Owl
By My Side - Klima
Everyplane is an adventurer
Old Hat - Mice Parade
Planet of Woman - Sonny and the Sunsets