Continua il nostro "tour" per riscoprire il 2010. Penultimo appuntamento. Ripercorriamo il 2010 attarverso i dischi più significativi. Ogni volta presenteremo da 5 a 10 album (alcune volte anche di più) che sono legati da un sottile filo. Le altre volte come filo conduttore abbiamo scelto l'elettronica, la musica classica, il violino, il post-punk, i songwriters stranieri, gli artisti italiani (a cui abbiamo dedicato tre articoli), l'alt-rock, il pop, il post-rock, il psych-rock, l'industrial. Per gli ultimi tre appuntamenti con il 2010 Rewind non vi sarà nessun filone ma proporremo quei dischi che non siamo riusciti ad inserire nei precedenti articoli.
OLYMPIA - BRYAN FERRY. Dieci canzoni e tanta roba e così tante collaborazioni tra cui alcuni suoi ex compagni di band. Un pop – rock raffinato, che per l’ex leader dei Roxy Music non è una novità, e che si sta diffondendo molto negli ultimi anni. Sono presenti anche due cover: Song for the Siren di Tim Buckley (tra le migliori del disco) e No face, no name, no number dei traffic (anch’essa molto ben reinterpretata). Ma un po’ tutto l’album è riuscito a parte qualche pezzo (come le iniziali You can dance e Alphaville). Piacevole persino la collaborazione con gli Scissors Sisters in Heartache by numbers che assume quasi tendenze trip-hop; ancor più apprezzata il duetto elettronico con i Groove armada in Shameless (per me miglior canzone del disco insieme alla cover di Buckley). Molto bella e intensa anche reason or rhyime e la conclusiva Tender is the night, inquietante e dagli intermezzi pischedelici. Menzione d’onore anche per Me Oh My dove la presenza di David Gilmour da un tocco di qualità al pezzo.
SWIM – CARIBOU. E' un sacrilegio non ascoltare questo gioellino di musica elettronica. Ma il disco va al di la della semplice elettronica (anche per la gradevole e forte presenza del cantato): sono presenti pezzi di insolita folktronica (Kaili, Jamelia) elementi psichedelici e cosmici (Sunk, la splendida Leave House), momenti ballabili senza mai scadere nella “tamarraggine” (Odessa, Hannibal ) e anche leggeri richiami al glitch come in Bowls
INNUDIR SKINNI – OLOF ARNALDS. Disco cantautoriale che proviene dal mio secondo paese preferito musicalmente parlando: L’Islanda. Suoni insolito rispetto al paese d’origine, del quale restano gli arrangiamenti orchestrali. La prima canzone Vinur Minn già ci da gusto delle sue potenzialità con un intro senza musica per poi proseguire con un crescendo accompagnato da un lalala gioioso e amaro. La title-track è musicalmente più minimale, ma mette in risalto la vocalità di Olof. Stesso stile per la terza traccia Crazy car (dove compare anche una voce maschile). Vinkonur assume toni più teatrali e oscuri e rimanda molto ai suoni orientali. Per Svif Birki si possono dire le stesse cose, e in particolare in questa canzone mi ricorda molto Bjork. Più solare invece è Johnathan, una delle più suggestive, come Madrid che però è un po’ più “angosciante”. Straordinario e ammaliante il duetto con Bjork in surrene, cosi come il pezzo finale Alit I Gudd.
Nicola Orlandino
Miniplaylist: 1 pezzo per ogni artista
Song for the Siren - Bryan Ferry
Leave House - Caribou
The keeper - Bonobo
New Deal - Soho What
Vinumr Minn - Olof Arnalds
Foiled - Yellow Swans
Really Real - Tricky
Pacman
Nostradamus
Magical Cat Adventure
Snake