Pubblicato da fabrizio centofanti su aprile 5, 2012
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Non riesci a vedere in lei una terrorista, eppure è così, ne sei sicuro. Sei bloccato al primo capitolo del tuo romanzo: potresti dargli una svolta, una deviazione dal percorso; un pentimento per l’omicidio in banca, la clandestinità, la fuga perpetua da investigatori e polizia. Possibile che pensi solo alle azioni proletarie, alla battaglia contro i mulini a vento della finanza mondiale?Che sia così ingenua da voler cambiare l’Occidente con una banda scalcagnata di bombaroli prezzolati? Sì, perché cosa vuoi che gliene importi ai quattro disperati degli ideali che la spingono nel vortice della violenza? Ha dimenticato il suo Amerigo? Ha sacrificato il sentimento rincorrendo una giustizia sociale senza capo né coda, una difesa anacronistica degli ultimi? E se stesse solo fuggendo da se stessa? Se non volesse riconoscere che le manchi tu, le ore passate a far l’amore e guardare la luna a passeggio nella trapunta sottile della notte? Sì, ci vuoi credere: ogni volta che spara, lo fa per soffocare l’istinto di cercarti, di rispondere alle mail con cui le intasi la casella, alle quali può rispondere soltanto in sogno, perché sei tu che ti aggrappi ai ricordi come fossero un modo per resistere, per reggere a un lavoro che ti sfianca, circondato da signore imbalsamate che criticano ogni gesto e ogni parola: forse la via d’uscita è mandare tutto all’aria e munirsi di passamontagna e di pistola, fare irruzione nella gioielleria e gridare fermi tutti, aprite la cassa, immobilizzare i proprietari, cazzo! uno fa in tempo a estrarre la pistola e a sparare e colpisce proprio lei, che si accascia per terra, mentre i compari mollano la presa e la portano di peso nell’automobile col motore acceso e volano lontano tamponando la ferita e lei pronuncia un nome che non riescono a capire, ripeti, non si sente, ci riprova, un po’ più forte, Amerigo; Amerigo? sì, portatemi da lui, e dove lo troviamo? al Seven Hotel, in rue Berthollet, ma è un albergo di lusso, non importa, e che facciamo col sangue, la ferita, lui se ne intende, doveva fare il medico, è pazzesco, meglio andare in ospedale, da Amerigo, portatemi da lui, ecco, è il trucco giusto per poterla incontrare, approfittare della debolezza del momento per darle ancora un bacio, abbassare le spalline e dirle lo vedi, il crucco non bastava, in realtà volevi me e le sfili il costume appiccicato al corpo come una seconda pelle e ti chiedi se non stia cedendo solo perché le torni utile, se a Parigi ci fosse il tedesco cercherebbe di sicuro lui e ti mordi le labbra un’altra volta, vorresti andare al sodo senza neanche darle un bacio ma devi curarle la ferita, fortuna che l’ha presa di striscio, amore, non parlare che ci penso io, non guardarmi con quegli occhi di pietra, come il gatto.