Pubblicato da fabrizio centofanti su aprile 7, 2012
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Quanto tempo è passato? Hai dormito? E’ ancora lì, con la camicia azzurra. Chi può essere, con un nome così strano?
- Non l’ho mai sentito.
- Cosa?
- Un nome come il suo.
- C’è qualcosa di normale nella vita?
Ti perseguita l’idea di vivere qualcosa di cui hai un ricordo già preciso. E’ il motivo per cui infili il segnalino e lasci sempre il libro al suo destino?
- Lei m’ispira fiducia. Le confido un problema.
- Mi dica.
Fai bene, fai male? Non hai niente da perdere, comunque. Pensi a Veronica, alle notti passate a leggere i romanzi, all’angoscia che arrivava, il sudore che scendeva sulla fronte, lei diceva basterebbe una pagina in più per rompere la maledizione.
- Non riesco mai a finire un libro. Sono costretto a fermarmi e a mettere ogni volta un segnalino.
Ti sembra che un sorriso si stampi sul suo volto. Ha gli occhi azzurri e grandi, i capelli castani si arricciano in punta e ogni tanto li tira indietro con un gesto lento della mano, per scoprire il bianco della fronte.
- Cos’è che ti impedisce di girare pagina?
Hai un moto di stizza.
- Se lo sapessi, avrei già la soluzione.
E’ assorto, come quando gli chiedesti il nome. Guarda lontano, non capisci dove.
- Siamo abituati a leggere fino a un certo punto: poi c’è l’ignoto, il rischio, l’intreccio che fa uscire da se stessi, che strappa all’abitudine, alla sicurezza del porto, del recinto.
Senti l’ansia che monta nel cervello, il sudore t’imperla la fronte.
- E allora?
Segui la linea del suo sguardo. E’ fisso sul palazzo di fronte: che ci vedrà, cosa sta cercando sulla parete grigioscura?
- C’è un ostacolo che sembra insuperabile, un limite che non bisogna valicare.
Un ostacolo, un limite, la parete del palazzo: un muro! Sudi intensamente, estrai un fazzoletto dalla tasca per asciugarti il viso.
- Come si fa per superarli?
Gli occhi sono tornati su di te. Vedi qualcosa in quell’azzurro; ecco, uno specchio: la tua immagine è riflessa in modo strano, come fossi più giovane, molto più giovane, un bambino.
- E’ mai stato su un pontile?
- Sì, quello di Ostia.
- Ci sono due scritte.
Ripassi il fazzoletto sulla faccia, sei un bagno di sudore.
- Quali?
- Fofner sei la mia vita. Fofner eri la mia vita.
- Qualcosa di finito, d’interrotto.
- Qualcuno ha messo un segnalibro in mezzo a quelle pagine.
Ti senti male. Prima di svenire, vedi l’immagine di una bambina che corre in bicicletta. Cerchi di raggiungerla, le chiedi il nome, gridando a squarciagola. Non lo saprai mai, non te lo dico, e sparisce dietro l’angolo.
