Pubblicato da fabrizio centofanti su aprile 9, 2012
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Dovresti descriverla sul letto sospeso, tra il sonno e la veglia, col viso d’angelo che non diresti mai capace di ammazzare; indovineresti i suoi pensieri, la lotta tra l’abbandono fiducioso e la resistenza orgogliosa all’impulso di parlarti, di baciarti. Provi a mettere la sua canzone preferita, magari si scioglie, si ricorda della spiaggia, del buio in cui rotolavate fino al bagnasciuga, e poi pensare che domani sarà sempre meglio, socchiude gli occhi, riconosce la musica del cuore, eri sorpreso che si lasciasse prendere tanto facilmente, che non fosse la torre inespugnabile che avevi immaginato, quando la vedevi marciare in prima fila con il pugno chiuso, le labbra semiaperte e il ciuffo di capelli neri che calava sugli occhi dal colore incerto, a volte azzurri, a volte verdi, è passato tanto tempo, è un ricordo senza tempo, arringava la folla, la guardavano adoranti e tu fra loro: ti rodevi e pensavi non sarà mai mia e invece la schiuma morbida della risacca scivolava sulla pelle nuda, le parlavi sottovoce, non diceva una parola, solo a tratti sussurrava Amerigo, portatemi da lui, sei matta, meglio in ospedale, ho detto da lui, al Seven Hotel, voleva fare il medico, ma la laurea non ce l’ha, in rue de Berthollette, e tu la accarezzavi dappertutto, senza fretta, come perder tempo, vivere, e sorridere, agitava il pugno in un mare di bandiere rosse, sullo sfondo la città fantasma, dove i borghesi conducono la loro vita stupida, diceva, e sperare di star meglio, e non essere mai contento, poi, all’improvviso, si voltava verso te, con un sorriso impercettibile, come a cercare un segno di riconoscimento, le dicevi non ci pensi al crucco? e sentivi il ventre aperto, sommerso dalla schiuma attorcigliata, ma non rispondeva, non rispondeva mai, o parlava a voce bassa, ripeti, non si sente! Amerigo, ho detto Amerigo, in rue de Berthollet, al Seven Hotel, è un albergo di lusso! e ti arrabbi, spingi con più forza, non sai che è impotente? altrimenti penseresti solo a me, e ricordi un disegno che ti aveva regalato, una dedica tutta piastricciata, siamo tanto simili, simili voi! il disegno di un gatto in una piazza, cos’è quello? non lo so, signora, lei è la guida! e lei è una stronza, con gli occhi di ghiaccio, no, di pietra, ti sei chiesto a lungo cosa potesse mai significare, ti prendeva un’angoscia, una specie di presentimento, come se la vita di tutti si desse appuntamento nella piazza, dove ognuno è in cerca di qualcosa, col pugno chiuso contro il cielo azzurro, Amerigo, ho detto Amerigo, dormi, non ti affaticare, in rue de Berthollette, numero venti.