27 Gennaio
Ogni anno, in questo giorno, il nostro pensiero va alle vittime di quella pagina nera della storia dell’umanità, l’Olocausto.
Le iniziative per Ricordare sono numerose. Letteratura, cinema, radio e televisione ci offrono molti spunti per riflettere.
Oggi vorrei parlarvi di un libro in particolare, che mi aveva colpito molto. L’ho letto proprio in occasione del Giorno della Memoria di due anni fa, in occasione del mio Servizio Civile in biblioteca. L’albero di Anne, Orecchio Acerbo editore, di Irène Cohen-Janca, con le illustrazioni di Maurizio A.C. Quarello.
Anche in questo caso si tratta di un albo illustrato per bambini (età di lettura consigliata dai 9 anni). Credo che sia importante educare fin da piccoli quelli che saranno gli adulti di domani. Trasmettergli i giusti valori e la nostra memoria, soprattutto sui fatti come questo.
La particolarità del libro è il punto di vista. Infatti a raccontarci questa storia è un vecchio ippocastano.
Questo ippocastano si trova in un giardino, al numero 263, Canal de l’Empereur di Amsterdam. Da 150 anni dona l’ombra agli innamorati, le proprie castagne ai bambini, per i loro giochi, e agli anziani, per curare i reumatismi. Offre riparo agli uccelli e cede la propria chioma ai giochi del vento. Ma cosa più importante, è uno spiraglio di speranza e bellezza per una ragazzina di 13 anni, Anna, costretta a stare nascosta in casa, le tiene compagnia, regalandole l’alternarsi delle stagioni, per due anni.
Ora, dopo 150 anni, l’albero ormai ammalato, rischia di essere abbattuto, ma nonostante questo, l’ippocastano, di ricordi, non è preoccupato per i parassiti che lo intaccano, bensì per parassiti più pericolosi: i tarli della memoria. “Quelli che vorrebbero intaccare, fino a negarlo, il ricordo di Anne Frank”.
Triste, ma allo stesso tempo bello. Uomo e natura legati da un accordo intimo. Arricchito da illustrazioni che ben rappresentano il ricordo, il declino dell’albero che sembra dare il suo addio al mondo, mentre ricorda le brutture della guerra. Un modo delicato per raccontare quello che è successo in quegli anni, e quello che non dovrà accadere mai più.
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