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27 gennaio: la furba industria dell’olocausto

Creato il 27 gennaio 2011 da Coriintempesta

In un mondo in cui Obama, il presidente dei super-guerrafondai Stati Uniti e che proprio pochi giorni fa ha annunciato di tagliare tutto meno il bilancio della Difesa (forze armate, esportazione di democrazia e libertà a suon di cannoni e bombe al fosforo), viene nominato Nobel per la Pace, un mondo in cui in nome della democrazia si distruggono e bombardano popoli, non ci stupisce che esista una data istituzionale, come l’odierno 27 gennaio per celebrare i drammi di quel popolo che si ritiene diverso, “eletto” ossia quello ebraico.

Bene approfondire, studiare, ricordare la storia, ma non utilizzandola per giustificare ingiustizie perpetrate oggi; fatto sta che invece l’unico stato etnico e confessionale della terra, definito “stato ebraico” oggi porta avanti legislazioni e politiche razziali, imprigionando e rendendo la vita impossibile ai legittimi abitanti della Palestina, ingabbiandoli in lager sottoposti a isolamento internazionale come è per esempio Gaza. E chi prova ad avvicinarsi per portare coperte, palloni, quaderni e cibo, viene ucciso, come è successo agli operatori umanitari turchi della freedom Flotilla…

27 gennaio: la furba industria dell’olocausto.

Ma i nostri mass media hanno poca voglia di ricordarci queste cose e molta invece di costruire retorica su eventi di decenni passati, trattati in maniera superficiale e poco storica,  gridare all’inesistente pericolo nazista…semmai oggi il mondo è sottoposto al pericolo sionista, con le ultime leggi approvate in Israele in cui si viene l’affitto agli arabi.

Questo è quanto vale la giornata del 27 gennaio, meno di niente. Un modo per la potente lobby sionista per pepetrare il proprio potere sui mass media e far accettare le proprie scelte al mondo sotto il ricatto della specificità dell’olocausto. Specificità significa dire che nessuno al mondo ha subito e subirà mai quello che hanno subito gli ebrei… popolo eletto anche nel male, secondo loro e tanti saluti per chi vorrebbe ricordare che il genocidio dei paletinesi è un problema attuale, che la bomba atomica sui civili Hiroshima la sganciarono gli Stati Uniti, che gli stessi sono fodnati proprio su un genocidio totale come quello indiano…e via dicendo.

No, l’unica cosa politicamente corretta è parlare delle sofferenze degli ebrei, sfruttando quella che il professore ebreo-statunitense Finkelstein chiama “la fabbrica dell’olocausto”.

Oggi è il 27 Gennaio, elevato a giorno della memoria, quasi una festa mondiale. E’ una festa ideologica, pompata dal politicamente corretto e dalla banalità intellettuale. Segnalo con alcuni stralci di recensione, un libro importantissimo, scritto da Norman Finkelstein, professore americano i cui genitori e parenti furono prigionieri di campi di concentramento, libro scritto con l’aiuto (tanto per dire) di Noam Chomsky.

Il libro si intitola “L’industria dell’olocausto” ed è composto da tre capitoli:

Nel primo Finkelstein sostiene che l’Olocausto fu un tema totalmente trascurato nel clima della guerra fredda[…]
Soltanto dopo il conflitto arabo-israeliano del 1967 secondo l’autore l’Olocausto divenne uno strumento di propaganda politica e un’arma di pressione formidabile.
Il disegno generale che genera “l’industria dell’Olocausto” era all’epoca, la volontà di penetrare nella “stanza dei bottoni” della democrazia statunitense. Israele d’altro canto si era trasformato nel miglior amico degli americani nell’area medio-orientale. Arrivare al potere, al cuore del potere americano e rimanervi stabilmente, questo il disegno delle organizzazioni ebraiche statunitensi.

Questa vera e propria congiura ebraica dispiega tutta la sua presunta potenza nel secondo capitolo del pamphlet. Finkelstein si occupa di rivelare la funzione e l’uso dei “dogmi” dell’Olocausto: la cosiddetta “unicità” dell’Olocausto e l’assunto di un odio eterno dei non ebrei verso gli ebrei.
L’idea che l’Olocausto sia un avvenimento unico nella storia dell’umanità e non comparabile con qualsiasi altro evento simile, nascerebbe dalla penna di Elie Wiesel.
Si tratterebbe di una cinica teoria funzionale proprio alla “industria dell’Olocausto”. L’intento sarebbe quello di porre gli ebrei su di un piano di superiorità rispetto ad ogni altro popolo perseguitato. Una colossale menzogna che avrebbe come scopo la minimizzazione dell’altrui sofferenza per ingigantire la propria a fini politici. Dimostrare l’unicità della Shoah consentirebbe di passare alla terza fase di questo nuovo complotto giudaico: l’ottenimento del denaro.
Dimostrata la sofferenza unica ed irripetibile le organizzazioni passano ad incassare.

Lo sfruttamento in termini economici della Shoah occupa il terzo ed ultimo capitolo del lavoro di Finkelstein. Uno sfruttamento che avrebbe assunto i contorni di una operazione di estorsione con due gruppi di vittime: noi europei e la quasi totalità dei beneficiari ebrei che avrebbero avuto diritto a ricevere il denaro.


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