da qui
Valli a capire i papi. Di Pacelli si disse di tutto, anzi, di più.
La piazza è un calice enorme, no, un orologio a muro, no, il buco di una serratura.
Le nuvole sono ovatta pronta a disinfettare le ferite della terra, dei campi rivoltati come cadaveri di un’autopsia.
Alcuni dicono che delegò tutto e subito, che appariva solo nei discorsi e per il resto lasciava fare ai cardinali e perfino alla perpetua, che aveva con sé da quarant’anni.
Davanti alla folla immensa è come un gabbiano che apre le ali per spiccare il volo, ma qualcosa non funziona, rimane lì, sul balcone, con ombre di assistenti che vegliano sui gesti e le parole.
Le colline sono seni di donna, corpi umidi e stesi in attesa dell’amante.
La salute non era mai stata il punto forte: forse per questo si portava dietro la suora in grado di cacciare i prelati non appena si fosse fatta l’ora.
Il baldacchino, le colonne tortili, la sedia gestatoria, mettevano in risalto la figura magra che spandeva benedizioni a ritmo regolare, come se possedesse solo lui la chiave del passaggio tra Dio e l’uomo, come se l’assemblea fosse una ressa di questuanti, tesi a raccogliere gli spicci che cadevano dalla mani dei signori.
Il confine tra la strada e il campo è netto, siglato da una striscia compatta di vernice, eppure la natura sembra prendere da un momento all’altro il sopravvento, perché dài e dài alla fine l’impegno di secoli finisce sotto terra, in preda ai vermi.
Di tutto, si diceva: che si era opposto col petto alla pistola degli spartachisti e aveva tenuto un atteggiamento ambiguo col nazismo.
La porta santa si apre e i pellegrini entrano a frotte, come in un negozio che ha appena proclamato i saldi.
Un argine maggiore è quello del castello, roso dalle tarme, eppure ancora in piedi, una parola di pietra aggredita dalla grammatica frammentaria e inesorabile di cespugli, erbe selvatiche e piante rampicanti.
E l’anticomunismo, che finiva coll’associarlo alla destra e, secondo voci maligne, all’antisemitismo.
La donna bacia lo stipite e abbassa lentamente gli occhi: le hanno insegnato che nell’anno santo bisogna chiedere una grazia con fiducia.
La pietra o i vegetali? La città ti obbliga a una scelta, ti chiede di deciderti tra la linfa vitale sempre esposta alle intemperie e alla falce del fattore e la materia immobile, irrigidita in una stasi senza evoluzione, che però resiste per secoli o millenni.
Che si era opposto strenuamente alla seconda guerra, ma nulla aveva potuto contro lo scatenarsi degli eventi.
Il prete con la tonaca e la croce procede a passo lento, col volto pensoso, come se il vero crocifisso fosse lui.
Ti eri perso le nuvole, che si offrono come terza via, la soluzione della leggerezza, capace di librarsi in alto, superare di slancio le lotte intestine della materia grezza, della meschinità che invade lo spazio e il tempo di ogni giorno.
Di tutto e di più si è detto: che avesse salvato seicentomila ebrei, che non si fosse dichiarato ufficialmente contro il regime criminale, e questo e quello, e sopra e sotto, e le strade di Roma sono piene di gente in marcia per il funerale, sandali di frati, mocassini di uomini, tacchi di donne, un fiume che scorre tra le vie, mentre, per vederlo, chi può si arrampica persino alle finestre.
Il buon pastore ha una faccia di gesso e tiene la pecora stretta con le mani.
Ora è tutto chiaro: il segreto della pietra sono gli archi, le finestre, ogni sorta di fessura o di pertugio. Quello della pianta è coprire, fare ombra, inondare di profumo. Solo l’entrare, il riaversi, l’euforia del ritornare in sé ti convincono ad alzare gli occhi, un momento, verso il cielo.