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3) Principali conseguenze del livello dei tassi di interesse

Creato il 28 ottobre 2014 da Peppiniello @peppiniello

3) Principali conseguenze del livello dei tassi di interesse

Per quale motivo secondo Hayek e gli altri autori austriaci un livello così basso dei tassi di interessi ha come conseguenza il prodursi di un boom e di una successiva crisi? In definitiva, osservando l’evoluzione dell’inflazione durante il periodo 2001/2008, questa non è mai stata su livelli preoccupanti (solo verso la fine del 2007 si avvicinava al 5%); l’economia cresceva in maniera robusta, il livello dei prezzi non procurava particolari preoccupazioni.

La Fed sembrava quindi operare davvero in maniera egregia, tant’è che lo stesso Milton Friedman dichiarò, alla scadenza del mandato di Greenspan: “Ora che i 18 anni di mandato sono terminati, io devo confessare che la sua performance mi ha stupito, e che Greenspan aveva ragione. La performance è stata sbalorditiva; non avevamo mai assistito ad un periodo di lunghezza comparabile nel quale la Fed avesse ottenuto dei risultati così brillanti”1.

La BRI, nella introduzione alla relazione del 2009, dichiarandosi stupita per la crisi, affermò che essa aveva colto tutti di sorpresa, e che nessuno se l’aspettava: “come è potuta accadere? La prosperità e la stabilità erano la prova che il sistema funzionava. L’inflazione era bassa e la crescita elevata, ed entrambe erano stabili”2

Leggendo i fatti con lenti austriache, si può sostenere che il basso livello dell’inflazione dei prezzi dei beni finali abbia fuorviato i policymakers. Il problema infatti di ragionare sul livello generale dei prezzi è il non sapere molto circa l’evoluzione sottostante dei prezzi relativi.

Hayek su questo è molto chiaro, quando alla fine della prima lezione di Prezzi e Produzione, quando critica espressamente chi considera obiettivo di politica monetaria il tenere stabile il livello dei prezzi; ogni cambiamento nella quantità di moneta, qualunque sia l’influenza sul livello dei prezzi, deve sempre influenzare i prezzi relativi:

e poiché non vi può essere dubbio che siano i prezzi relativi a determinare volume e direzione della produzione, quasi ogni cambiamento nella quantità di moneta deve influenza anche la produzione”ed ancora, da un lato “dobbiamo riconoscere che con un livello dei prezzi stabile, i prezzi relativi possono essere modificati da influenze monetaria, dall’altro che i prezzi relativi possono rimanere immutati anche quando il livello dei prezzi varia, dobbiamo abbandonare l’opinione generalmente accettata secondo cui se il livello dei prezzi rimane stabile, le tendenze che portano verso l’equilibrio economico non vengono deviate dalle influenze monetarie, e queste ultime non possono farsi sentire se non provocando una mutazione del livello generale dei prezzi”3

Hayek fa quindi notare come un ciclo di boom e bust si possa sviluppare anche in presenza di sostanziale stabilità dei prezzi; il ciclo opera al di sotto, quando l’aumento nella quantità di moneta cambia la convenienza degli imprenditori nello scegliere dei metodi di produzione più lunghi, maggiormente indiretti usando il linguaggio di Bohm-bawerk (come mettevamo in evidenza nel capitolo sul ciclo, la riduzione del saggio di interesse provoca ipso facto un aumento relativo del saggio di salario reale, aumentando la convenienza a sostituire lavoro con capitale); l’abbassamento del tasso rende poi convenienti progetti di investimento che con un tasso più elevato non lo erano; in special modo progetti la cui durata è più estesa nel tempo.

Seguendo O’Driscoll “Hayek sostiene che in una economia in crescita, una politica monetaria che stabilizzi l’indice dei prezzi al consumo può interferire nell’allocazione delle risorse nel tempo, forzando il livello del tasso di interesse al di sotto di quanto sarebbe viceversa risultato. I prezzi degli asset di lunga durata, quali gli immobili e i beni capitale, si muovono in senso inverso al movimento del tasso di interesse; un basso livello dei tassi si trasla in un prezzo più elevato degli asset, e viceversa”4

Entriamo maggiormente nel dettaglio; anche stando a quanto riportato nella relazione finale della BRI 2009, tale persistenza dei tassi di interesse ad un livello così insolitamente basso ha prodotto rilevanti conseguenze. Innanzitutto un boom del credito, indotto dal basso costo dell’indebitamento. Tra il 2003 e il 2007 il credito negli Usa e nel Regno Unito ha registrato una espansione rispettivamente del 7% e del 10%: “E’ sempre arduo individuare chiari nessi causali, ma in questo caso sembra ragionevole pensare che la disponibilità di finanziamenti a basso costo abbia posto le fondamenta dell’aumento degli acquisti di abitazioni, nonché del drastico incremento dei prestiti rotativi contratti dalle famiglie. Un altro effetto prevedibile dei bassi tassi di interesse è stato quello di accrescere il valore attualizzato dei flussi di reddito generati dalle attività fruttifere, che ha a sua volta innalzato le quotazioni delle attività, contribuendo al boom dei prezzi degli immobili residenziali e dei mercati azionari.”5

Se si considera un indice mondiale delle azioni (come fa T. Polleit in un paper del 2008 “Credit Crisis”), si constata un picco dell’indice a 240 nel 2000 (su una base di 100 nel 1995), un crollo a 120 nel 2003, per poi risalire fino a 280 alla metà del 2007. I prezzi delle abitazioni sono invece saliti, in termini reali, di oltre il 30% tra il 2003 e il 2007, in paesi come gli Usa, il Regno Unito e altri paesi europei.

3) Principali conseguenze del livello dei tassi di interesse

Un altro effetto importante del livello tassi è nell’incrementare l’incentivo all’assunzione di rischio da parte degli operatori finanziari: “Allorché i tassi di interesse divengono insolitamente bassi, può diventare difficile realizzare i rendimenti promessi da tali contratti. Le società finanziarie

reagiscono quindi assumendo rischi maggiori nella speranza di generare i ritorni necessari a mantenere la redditività […] Di conseguenza, un basso livello dei tassi di interesse accresce

l’assunzione di rischio”6

Tutto ciò (il boom del mercato delle abitazioni, il boom della spesa per consumi finanziata con l’indebitamento e la ricerca di rendimento) ha contribuito a distorcere la struttura macroeconomica di vari paesi. I segnali più evidenti al riguardo sono stati la drastica espansione dell’edilizia residenziale, quella dei consumi di beni durevoli, specie autoveicoli, e quella delle dimensioni

del settore finanziario.



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