Pubblicato da fabrizio centofanti su ottobre 16, 2011
da qui
La volta della bomba ci andò bene.
Ti sei mai sentito, nella vita, una stella cadente? Hai mai lasciato una scia di fuoco mentre precipitavi a mille chilometri all’ora in un mare al tramonto?
Io stavo predicando, insomma, facevo il mio mestiere, perché ognuno ha il suo carisma.
Hai presente gli uccelli che migrano in gruppi tanto fitti che sembrano pioggia frustata dal vento, una muraglia d’acqua e penne che fa paura a guardarla?
Ormai avevo la folla tra le mani, anche se qualcuno diceva che era tutta retorica, che utilizzavo uno stile superato, ma che volete, mi veniva così, anzi, io ero così.
E all’improvviso, nel cielo quasi nero per la pioggia di volatili, appari tu, stella cadente, no, aereo colpito che precipita nel mare del non senso.
Li vedevo, con gli occhi spalancati, perché forse più che sentire le parole bastava loro guardare le mie labbra e immaginare i discorsi che avrebbero ascoltato volentieri, perché ognuno di noi passa la vita in attesa del discorso giusto, quello che magari arriva solo in sogno, in una notte d’inverno e lampi alla finestra.
Fai una traiettoria finalmente retta, dopo tante giravolte e perdite di tempo, sei stufo di scendere a compromessi con il mondo, vuoi dire la tua ed ecco che hai trovato il sistema, scendere in picchiata sullo specchio d’acqua, scorgi per un solo istante i tuoi occhi con l’espressione fiera di chi ha vinto.
Mentre ero lì, a fare il mio mestiere di prete, mia moglie sentì un rumore forte, qualcosa che veniva gettato con violenza davanti al portone di casa.
Che differenza c’è, potrai obiettare, tra il venire giù come un macigno staccatosi dal monte e il sostare sulla riva in attesa che un pesce abbocchi all’amo? Non è la stessa frustrazione, una perdita di sé, consumate in una fretta suicida o nel suo opposto, una pazienza inutile e ridicola?
Chissà quale Dio le suggerì di non avvicinarsi, di aspettare gli sviluppi.
L’unica svolta, forse, sarebbe decidersi a salpare con la piroga leggera e raggiungere l’orizzonte incendiato del tramonto, scivolando in silenzio sul tappeto d’acqua appena increspato dalle onde.
Fu allora che tutto venne scosso, travolto dall’esplosione che si sarebbe trascinata ogni ricordo in una palla di fuoco, se loro non fossero rimaste dalla parte opposta, perché un Dio sussurrava qualcosa sottovoce, qualcosa che solo i pazzi e i giusti possono sentire.
Sì, questo è il dubbio che tormenta la mia vita: sfilare liscio sulle ali di correnti silenziose o schiantarmi in un vuoto accogliente, come quando Betelgeuse diverrà una supernova e accecherà metà dell’universo.