Pubblicato da fabrizio centofanti su aprile 17, 2012
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Ti viene un dubbio: e se Futura non fosse come l’hai pensata? Se nel romanzo stessi costruendo un personaggio che è solo un parto della mente, una donna come l’avresti voluta, compresi i difetti, la durezza, il fanatismo, l’incapacità di vedere le luci e le ombre della vita? Se la donna dagli occhi di colore incerto, azzurri e verdi, fosse il prodotto delle notti insonni in cui la segui nelle sue peripezie, dalla ferita nella gioielleria ai colpi messi a segno nei giorni successivi, la banca, l’ufficio postale, il negozio d’alta moda? L’ultima trovata è l’irruzione in una brasserie – che idea -, i cui avventori si mettono le mani nei capelli, urlano, una donna sviene, solo due clienti proseguono imperterriti un dialogo muto, l’uomo con la maglia blu e due occhi azzurri più grandi del normale e un altro chino su una moleskine, a scrivere di getto come non dovesse perdere una sola parola di quelle che gli arrivano da chissà quale altro mondo, come avesse paura di fermarsi, di lasciare un segno e ricominciare in un altro momento, o un’altra vita. Futura è sorpresa da questo atteggiamento e mentre i complici svuotano la cassa, tra grida minacciose, la cameriera si asciuga la fronte con il fazzoletto, il caffè precipita dalla macchina fumante e sembra voler formare un fiume, il lungosenna pieno di alberi e muretti, dove si cerca qualcosa che non c’è e si fanno incontri sempre inaspettati, convincendosi per un attimo di stare sulla strada giusta, ecco, Futura si avvicina, guarda negli occhi l’uomo dalla maglia blu, si sente attratta dallo sguardo fermo e benevolo nello stesso tempo, la testa le gira leggermente, è avvolta nella nebbia, l’ombra di sua madre le appare all’improvviso, bastarda di una donna, non ti ho mai desiderata, e io non ti ho mai riconosciuta, perché sei qui? a volte ritorno, per vedere come l’odio ti ha ridotta, e tu? non vedi a che punto sei arrivata? hai ammazzato tanta gente, e tu hai ammazzato me, la nebbia s’infittisce, l’ombra sfuma nel nulla, Futura, che fai! abbiamo preso tutto, è come si svegliasse, occhi negli occhi con lo strano personaggio, andiamo, sei impazzita? come si chiama? Io mi chiamo Fofner, io Futura, l’ho visto scritto non ricordo dove, abita qui? abito tra i muri diroccati delle case, in fondo ai pontili, dovunque si possa incidere qualcosa, è uno scrittore? no, piuttosto faccio scrivere; lei guarda l’uomo con la moleskine, non si è accorto di nulla, com’è assorto! non so se sia solo nella mente, nello schermo bianco del computer la donna che fugge dalla brasserie, voltandosi ogni tanto, cercando d’incontrare gli occhi azzurri e grandi dell’uomo con la maglietta blu, col nome così strano, Fofner, se ricorda bene, chi gliel’avrà dato?