da qui
Sono sulla riva occidentale del Mar Morto, la catena montuosa si specchia nell’acqua formando un muso di serpente o di balena, o l’immagine orizzontale di una donna, è incredibile questa prospettiva, con un mantello scuro e una tunica più chiara, come se la terra cercasse protezione, uno sguardo premuroso; l’acqua è un vetro da cui apparirà un paesaggio, o un animale, raccontami Chochana, una lama di luce rischiara il crinale come ci fosse un mondo cristallino e un altro avvolto dentro l’ombra, mi divorava, una forza mi strappava il cuore, mi succhiava le energie, la roccia, digradando, diventa terra e sabbia, fino a raggiungere il pelo dell’acqua a metà della donna orizzontale, come fossi solo un corpo, una materia, e l’anima l’avesse presa un altro, un uomo con la bambina in braccio, grigia e morta, sotto le bombe a grappolo, non hai più forze, ti senti trascinare da un’altra volontà, l’uomo ora grida, protesta con la vita che continua, la pianta ancora verde, il cielo ancora azzurro, è come se tra l’acqua e la terra cessasse ogni dialogo, le mani scure abbracciano la cosa che è sua figlia, carica di polvere, guardi la superficie liquida, ma è come se non ti appartenesse, il bambino è supino, con un braccio rovesciato, il calzone strappato sulla coscia, la faccia nera e la gamba insanguinata, poi l’ho toccato, ed è come se l’immagine si fosse ricomposta, la figura a pelo d’acqua, che ricollega il solido col liquido, l’anima e il corpo, sono cinque, avvolti nei lenzuoli, in fasce come quando sono nati, attendendo che un padre o una madre li identifichi, che un genitore riconosca il figlio, come fai a pensarlo braccato, torturato, la donna ha un mantello che l’avvolge stretta, come sopporti, Myriam, che Yehochoua sia sempre sul punto di coprirsi di polvere e di terra?