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39. Rattoppi

Creato il 22 aprile 2012 da Fabry2010

Pubblicato da fabrizio centofanti su aprile 22, 2012

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Le hai aperto la porta come in trance. La mansarda non è più bella, da quando vi ha fatto irruzione con la faccia da Medusa: non vedeva l’ora di pietrificarti, di dar ragione a coloro che le avevano riferito il tradimento, che ti avevano colto mano nella mano insieme con quell’altra. Le brocche stile Modigliani ricordano il pasto del condannato a morte; la stella grigia che pende dal soffitto è un meteorite che distruggerà la terra; la bilancia di fronte al bagno è quella del giudizio universale, in cui troveranno la tua anima leggera e la sprofonderanno nel regno dei morti per l’eternità. Mattea ti fissa immobile; ogni tanto lo sguardo si sofferma sul corpo nudo di Marika, impietrita pure lei: il sorriso si è chiuso nella smorfia di un’espressione quasi ebete.
- Aspetta, che hai capito?
Stai pensando a come giustificare questa scena, a quali coincidenze astrali ricondurre l’incontro con Marika, il sogno, il balenare improvviso di una via d’uscita dall’angoscia che ti attanagliava. Le dirai che sei stato fino a ieri a interrogarti su come ritrovarla, per spiegarle che era tutta una calunnia, che avevi in mente solo la spiaggia delle dune, l’orizzonte di fuoco del litorale di Anzio e Torvaianica, i paesi in fila che riproducono la città di baci e carezze che sognavi da bambino, dove il dolore è un’eco lontana, e lei ti scriveva le canzoni con gli accordi e vi amavate a casa sua ascoltando Graziani e De Gregori, e le dicevi Bellamore, Bellamore, e il cuore era una musica in perfetta sintonia col passero che beccava in cima alla grondaia, col sole al tramonto dietro le tende a righe dei vicini, fino a che diceva vado via e tu sentivi l’eco di Futura, la canzone di Dalla, e ti sentivi invaso da un presentimento, come se alla fine restasse solo una domanda sulla vita e la morte, come se il domani fosse l’eco di uno sparo, un uomo piegato in due, una donna dagli occhi chiari che fugge rubandoti il senso della vita, l’appuntamento con la felicità, il cappello e la sciarpa, mentre il passero becca l’ultima mollica e vola via.
- La mia vita era già rovinata, oggi hai completato l’opera. Non bastava mio padre terrorista, l’adolescenza vissuta in solitudine, la fatica di salire e salire senza nessuno che ti aiuti; mancavi tu, la tua bellezza maledetta circondata di puttane.
Marika sta per dire qualcosa, ma le manca il fiato. Si copre come può, raccattando il vestito bianco e nero.
- Mio padre è evaso: lo cercherò con le forze che ancora mi rimangono. Tu non farti più sentire, non voglio più vederti.
- Aspetta, Mattea, posso spiegarti.
Il copriletto arancione è un pugno nell’occhio. Lo specchio riflette una sedia vuota e triste, piena di rattoppi.


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