da qui
E’ uno spettacolo insuperabile, per certi versi: un mare di roccia tempestato di pieghe e fosse, come la faccia rugosa di un vecchio o una pelle d’animale, di quelle che prendi fra le dita e tiri su e giù per il piacere puro del tatto. Yoh’anan, Eleazar e Nathane sono scesi in una specie di canyon: due pareti levigate che cadono a strapiombo su un wadi ingombro di sassi, ciottoli e lastroni. Procedono lenti, saggiando la superficie dei macigni, la larghezza degli spazi tra blocco e blocco, perché basta niente per mancare l’appoggio e slogarsi una caviglia. Arrivano a una lastra più larga, segnata da righe chiare e scure: un posto ideale per riprendere fiato. Yoh’anan si siede per primo; ha la testa leggermente reclinata, le mani unite verso il basso:
- Dicono che esista davvero.
- Cosa? Anche Eleazar guarda per terra, tra i ciottoli lisci.
- Uno scritto del Maestro.
- E’ così importante?
Eleazar ha il volto scolpito nella roccia: capelli, sopracciglia, naso e bocca formano un rettangolo compatto incorniciato dalla barba rossa.
- Sarebbe come stringergli la mano, sentirne l’odore.
Nathane ha la faccia dell’intellettuale; occhialetti con montatura leggerissima, sguardo critico, labbra piegate verso il basso:
- Non cambierebbe nulla: la gente ha bisogno di credere in quello che propini, è inutile sottilizzare.
Gli occhi di Yoh’anan sono come pietre azzurre che brillano nel buio:
- Tra noi e la verità si srotola il deserto: la distesa di sabbia piatta, infeconda, inospitale. Siamo scesi fin qui per trovare l’acqua nascosta; bisogna avventurarsi, per giungere alla vita.
Eleazar alza la testa verso il cielo: c’è uno spiraglio luminoso tra le pareti lisce del canyon.
- Dio non scrive nulla.
- C’è gente che trova biglietti strani in questi giorni.
- Che biglietti?
- L’ultimo recitava così: il wadi tortuoso diverrà diritto.
Eleazar guarda i macigni levigati, l’acqua che scorre, la ferita profonda che si apre nel ventre della terra.
- La tortuosità è nell’anima, non nel wadi.
Yoh’anan sorride:
- Il potere e la gloria sono le rughe che rendono sterile il deserto.