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41. Città

Creato il 15 marzo 2011 da Fabry2010
41. Città

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Il cespuglio di lentisco è una specie di fungo atomico, con le foglie che deflagrano in una nuvola di verde chiaro e scuro, a seconda che la luce batta direttamente o si insinui nelle pieghe nascoste di cui si scorge poco o nulla, come dell’altra esplosione in atto oltre la pianta, quella di Medardo e Viola avvinghiati come rami intricati, mentre l’odore della resina si mescola all’odore dei corpi, lo stridio degli arbusti e il franare del terriccio al respiro affannoso degli amanti. Simone Vangelis si accosta lentamente, attratto da un filo d’erba che sembra sospeso sul nulla, libero dalla gravità consueta, come un fermo immagine: infilata in tasca la pistola, lo coglie perplesso, cercando di decifrare il fenomeno inspiegabile. Poi scosta leggermente foglie e rami e intravede la pelle bianca di Viola – un braccio, una natica, una gamba? -: anche lì c’è un filo verde che penzola e rimbalza, assecondando il moto dei corpi che si stringono. Perché questi segni? si chiede Vangelis, afferrando il filo con difficoltà. Ora li ha entrambi fra le mani: li gira e rigira come fossero reperti di un mondo sconosciuto in cerca di un contatto con la sua mente disturbata; cosa gli annuncia quel segnale di leggerezza inaspettato, ora che tutto è pesante, gravoso, insopportabile? Si affaccia un pensiero, il ricordo di un libro dell’adolescenza che parlava di città leggere come l’aria, inconsistenti come il sogno, strutture diafane da attraversare senza aprire o chiudere porte, inodori, al contrario dell’atmosfera densa di resina e umori corporali che gli aggredisce le narici; città che gli venivano incontro ognuna con un tratto speciale, un segno di riconoscimento; Ersilia, per esempio, in cui ciascuna relazione diventa filo tenue, steso fra persona a persona, situazione e situazione; fili che s’intrecciano e moltiplicano fino a saturare ogni nicchia e angolo e buco: quando questo accade, gli abitanti emigrano in un’altra regione, riprendono a tessere fili sempre nuovi e sempre uguali. Simone si guarda tra le mani: la storia, pensa, il racconto, sono un grumo di fili sempre più intricato, finché il groviglio diventa una matassa talmente ingarbugliata che bisogna lasciare tutto lì, e cominciare da una nuova trama.



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