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42) Racconto: Notte di luna nuova

Da Angivisal84

Notte di luna nuovadi Michela PapagnoCreatura: Lilith42) Racconto: Notte di luna nuova
Mar rosso, Notte dei tempi.La sabbia era calda, come le lacrime che le rigavano il volto, ferito dal vento che la sferzava senza pietà. Non c’era nessuno attorno a lei, il silenzio era rotto solo dallo sciabordio del mare e dai suoi singhiozzi.Si lasciò cadere in ginocchio sulla spiaggia, e un urlo straziante diruppe dalla sua gola. Riecheggiò a lungo, perdendosi nella notte come il verso di una solitaria civetta. Maledì l’uomo che le aveva spezzato il cuore e anche se stessa, per tutta quella sofferenza che la stava dilaniando.Torna a casa.”Erano venuti a prenderla. Tre messaggeri, nelle loro candide vesti e con lo sguardo severo.Ha mandato voi?”Sai bene che non può lasciare il giardino.”Lilith si alzò, scostandosi i capelli corvini dal viso. Spalancò le braccia e li guardò con aria di sfida.Allora perché io sono qui?”Senoy,l’angelo dai lunghi capelli bianchi, sorrise con condiscendenza.Perché hai infranto le regole.”La donna scoppiò a ridere, una risata amara, che diede i brividi alle tre creature celesti.No. Sono qui perchè l’ho voluto. Ho desiderato allontanarmi da un uomo che non mi ritiene alla sua altezza sebbene siamo stati creati entrambi dalla stessa materia.Perchè ora dovrei tornare indietro? Ha scelto lei, per la quale ha rinunciato ad una parte di sé. Già in debito prima ancora di essere creata. Io sono nata libera e tale resterò.”Sansenoy, l’angelo distruttore, estrasse la spada. Lilith istintivamente indietreggiò. Fu Semangelof, l’angelo nero, a bloccare con una mano il compagno.Consideri più preziosa la libertà del tuo voto di devozione verso Adamo, Lilith?”Non ho fatto nessun voto! Eravamo solo io e lui, e lui ha cercato di sottomettermi, di imprigionarmi!”Si guardò attorno. E tutto questo? Per quale motivo è stato creato? Perchè rimanere confinati all’interno di un giardino quando c’è tutto questo da esplorare e mille luoghi in cui fare l’amore? E io so che a lui tutto ciò non basta, ma non ha il coraggio di opporsi a chi lo ha creato!”Lilith, non osare nominarlo!” anche gli altri due angeli estrassero le spade.Volete uccidermi?” li sfidò.Per te sarebbe fin troppo facile morire, donna. Da stanotte in poi sarai raminga, prigioniera dello stesso orgoglio. Non conoscerai riposo nè tantomeno il tempo. Un’altra occasione ti sarà data, ma tra mille e più mille lune. Se non la coglierai, la tua dannazione sarà eterna. Ora noi ti esiliamo dal giardino di Eden e ti condanniamo ad un’esistenza di solitudine.”Le tre spade crearono una gabbia di luce attorno a Lilith, che si strinse fino ad entrarle nella carne. La donna urlò, in preda ad un dolore lancinante, e cadde a terra. La stessa luce uscì a fiotti dal suo petto, per poi spegnersi come una candela in un soffio di vento. E la notte tornò più buia di prima. Una notte di luna nuova.
New York, 5.22 am
Il risveglio non fu dei migliori. Si ritrovò con le lenzuola attorcigliate alle caviglie, madido di sudore. Eva dormiva serafica accanto a lui, a pancia in giù. Per un minuto la fissò, immaginando di possederla fino a sfinire tanto lei quanto quel desiderio che lo tormentava. Si alzò dal letto che cigolò e uscì sul balcone per prendere una boccata d’aria.Il freddo lo colpì come una granata di spilli. Del sogno ricordava solo candele e una donna che lo faceva stendere su dei cuscini. Solo che non era Eva: aveva occhi scuri, profondi, ipnotici. Completamente diversi dagli occhi grigio verdi della sua fidanzata. Rientrò in casa tremando di freddo e diede un’occhiata all’orologio. Inutile tornare a dormire visto che la sveglia avrebbe suonato da lì a un’ora, così sedette davanti al notebook sorseggiando pensieroso del caffè. Il soggiorno si stava lentamente riempiendo di luce, ma New York era assopita. La pagina iniziale del browser aveva una scritta al posto del nome del motore di ricerca: 21 dicembre 2032. Sbuffò. Sarebbe stata una lunga giornata. Aprì la posta elettronica e lesse rapidamente le mail che gli erano arrivate nelle ultime dieci ore.La prima era dalla congrega delle streghe del Bronx: la girò al zone leader incaricato. Un’altra era di sua madre, che gli ricordava di indossare un vecchio amuleto. Cestinò la mail e il silenzio fu incrinato dalla suoneria della sveglia. Sentì Eva lamentarsi, e dopo qualche minuto il rumore della doccia. Ora o mai più.”Appoggiò la tazza sul tavolo e raggiunse la sua fidanzata sotto l’acqua.8.07 amIl tredicesimo distretto era nel caos. Telefoni che squillavano, fax impazziti e gente che correva da una parte all’altra. Rebeccah, l’assistente di Adam, lo intercettò appena fuori dall’ascensore, piazzandogli in mano un bicchiere di caffè.Ha chiamato Sgugs del dodicesimo, vuole sapere se manderemo una nostra squadra nel Bronx. Cosa gli rispondo?”Schivarono una donna che portava almeno tre scatoloni fra le braccia.Di controllare la sua cazzo di mail, Eliajah ha provato a contattarlo in più modi, piccione viaggiatore compreso. Altro?”Sì, il capo ti vuole nel suo ufficio.”Adam quasi si strozzò con il caffé.Quando?”La rossa guardò l’orologio.Dieci minuti fa.”Soffocando un’imprecazione Adam dribblò un paio di agenti e si precipitò nell’ufficio in fondo alla stanza. Le veneziane erano chiuse: qualche pezzo grosso era nell’ufficio.Stava per bussare alla porta del capo quando il petto iniziò a bruciargli all’altezza di una vecchia cicatrice. Scosse la testa per non pensarci e bussò.Avanti. Ah, era ora Reese.”L’ispettore capo Anderson era un uomo sulla cinquantina, alto e muscoloso. Era entrato in polizia ai tempi della grande crisi mondiale, collezionato medaglie, ma aveva avuto la pessima idea di andare a letto con la moglie di un suo superiore, per cui era stato relegato al tredicesimo, dove di solito finiva chi ne combinava una grossa. Tranne Adam, che aveva scelto di lavorarci. Scusi il ritardo, signore.”Ho un compito speciale per te, Reese, siediti.”Adam si lasciò cadere sulla consunta poltroncina in pelle di fronte alla scrivania del capo, sommersa da scartoffie e contenitori di hamburger. Erano solo loro due in ufficio, se non si contava la cocorita azzurra che saltellava nella sua gabbia accanto alla finestra. Ti aspettavi di incontrare qualcuno qui dentro eh, Reese? Era qui fino a poco fa in effetti, se fossi arrivato puntuale l’avresti incrociata. Si chiama Leanne Raven, è una donna di affari di passaggio a New York. E ha chiesto una scorta.”A noi? Perchè non si è rivolta ad un altro distretto?”Anderson si sfilò gli occhiali e si massaggiò gli occhi.Ci capitano situazioni al limite, Reese. Prima l’invasione di quei cazzo di Wendigo a Central Park, si saranno ingoiati almeno sei cuori palpitanti prima che riuscissimo a farli alla brace. Poi le banshee. Ora sembra tutto sotto controllo anche se non mi ci giocherei la pensione, tu hai la possibilità di chiamarti fuori dai giochi e osi anche rompermi le palle?” Adam sussultò quando il suo capo alzò la voce per sottolineare l’ultima parte.Inizi stasera alle 20, nella sua casa negli Hamptons e finirai domani a mezzogiorno. Ho già provveduto a sostituirti, ora sparisci.”Quando la porta si chiuse Anderson sospirò.Sei soddisfatta, mia signora?” domandò al silenzio del suo ufficio. Una donna si materializzò dal nulla, di fronte a lui.Sì, Andrew, ora ti spetta la tua ricompensa.”Si mise a cavalcioni sopra di lui e lo baciò con passione. Poi scomparve, e Anderson si convinse di avere sognato.
Hamptons, 8.03 pm
La casa era in perfetto stile coloniale, bianca con le imposte blu cobalto. Adam controllò per l’ultima volta il telefono: da quando aveva detto a Eva del suo incarico speciale lei non rispondeva al telefono. Pigiò il campanello di ottone e dopo pochi istanti un maggiordomo venne ad aprirgli la porta.Sono il detective Reese, la signora Raven?”L’uomo dai lunghi capelli bianchi lo fece entrare.E’al secondo piano. La sta aspettando da tempo.”Adam controllò l’orologio. Le otto erano passate da pochi minuti. Quando arrivò al piano di sopra ebbe la netta impressione di essere finito nel suo sogno. Il corridoio era immerso in un’oscurità stracciata da candele che delineavano un sentiero.Signora Raven?”Iniziò a percorrere il sentiero illuminato: la casa era sprofondata in una quiete immobile, densa. L’uomo si trovò davanti una porta a vetri.Signora Raven?”Sono qui, detective”.La voce della donna tagliò in due il silenzio, facendolo trasalire. Adam si addentrò in quella che era una serra enorme, piena di piante che non aveva mai visto. L’aria era umida e carica di profumi. L’unica illuminazione era data dai candelabri che pendevano dal soffitto, anch’esso in vetro come tutte le pareti: sembrava di essere sospesi da terra, con attorno solo cielo e in lontananza un mare scuro e irrequieto. La donna gli dava le spalle ed era seduta su dei cuscini enormi, bianchi e rossi, in una radura creata tra la vegetazione. Il petto riprese a bruciare, più forte, tanto che Adam dovette fermarsi, senza fiato. Buonasera, detective.”Lei si voltò e il cuore dell’uomo smise di battere per qualche secondo. Era più bella di quando potesse ricordare dai suoi sogni frammentati. Un viso angelico, con occhi scuri e ipnotici che lo avevano tormentato e di notte e di giorno, incorniciati da lucidissimi capelli corvini che le ricadevano sul petto. Le braccia erano adornate da braccialetti d’oro, di fattura antica, che tintinnavano ad ogni suo movimento. La sua pelle candida era esaltata dal rosso acceso della lunga tunica che lasciava scoperte le caviglie, anch’esse decorate da braccialetti. Al centro del petto, una cicatrice tonda, dai contorni frastagliati. Identica alla sua, che bruciava come fuoco liquido. Lei si alzò e gli si avvicinò, senza mai staccare gli occhi dai suoi. Quando fu a pochi centimetri da lui gli prese la mano e la appoggiò sulla cicatrice fra i suoi seni. Adam era paralizzato, appena cosciente dei suoi polmoni che pompavano disperatamente aria per farlo restare in piedi.Sei qui, finalmente. Sei tornato.”. Quella voce lo ammaliava e lo terrorizzava al tempo stesso.Lei sorrise, e lui alzò la mano per accarezzare quel volto sconosciuto eppure familiare in modo quasi straziante. Tutto il suo essere tendeva verso Lilith, come se fosse un momento che aspettava da tempo, o forse da più del tempo. Lei chiuse gli occhi.Mi sei mancata? Come è possibile?”La donna gli mise un dito sulla bocca, lo attirò a sè e lo baciò. Fu come se attorno a loro il tempo esplodesse e li risucchiasse in un vortice. La mente di Adam si riempì di fotogrammi che completarono rapidamente una sequenza. Un giardino lussureggiante, lei fra le sue braccia e lei che lo guarda come un animale ferito prima di sparire nel folto degli alberi. Assenza. Un’altra donna che si unisce a lui, lunghi capelli biondi che lo avvolgono, lo cullano. Una mela. E poi il dolore al petto, il sangue che non si ferma. Mille donne per colmare un’assenza incomprensibile e il ritorno da Eva e dai suoi capelli d’oro. Comprendi ora la tua insoddisfazione? Cercavi me. Siamo fatti della stessa sostanza, Adam, e ci apparteniamo.”Ma questo non ha senso, io sono nato trent’anni fa. Ciò di cui tu parli risale alla notte dei tempi.”Questo corpo mortale ha trent’anni, mio amato. Il tuo spirito è eterno, non conosce il tempo. È stata lei a condannarti alla mortalità. Sono io la tua sposa, Lilith.”Quel nome appena sussurrato squarciò il buio ed ogni pezzo del puzzle cadde al suo posto. La sua inquietudine, quella bizzarra cicatrice data da una caduta che non ricordava affatto. Lo sguardo preoccupato ma al tempo stesso gelido di Eva ogni volta che tornava da lei.Si tirò a sedere e prese il volto di Lilith tra le mani.Tu sei fuggita.”Perché non avevo capito quanto fosse importante il mio voto nei tuoi confronti, l’orgoglio mi ha accecata. Ma ora sono qui, Adam. Pronta ad amarti.”Il desiderio montò nelle viscere di Adam: ancestrale, inarrestabile. La costrinse a inginocchiarsi per possederla da dietro. L’abito finì in stracci e gli unici suoni che si sentirono nel giardino furpno il tintinnio dei braccialetti di Lilith e i gemiti degli amanti perduti e poi ritrovati.

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