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42. Ritorni

Creato il 18 marzo 2011 da Fabry2010
42. Ritorni

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C’è un momento della giornata in cui il dottor Cavedagna prende il Tachicaf. Certe mattine si sveglia già con l’emicrania: tenta di capirne la ragione, ma ormai sa che la vita ne offre troppe, dovrebbe decidere arbitrariamente tra i ritmi di lavoro, le irruzioni dei collaboratori alle prese con litigi e rivalità da quattro soldi, oppure l’idea balzana che qualcuno desideri abbracciare i suoi ideali (e quindi lui). Si esercita a vincere il dolore con rimedi alternativi: psicologia energetica, autosuggestione, pensiero positivo; macché, non serve a nulla; non gli resta che accedere all’armadio sgangherato alle sue spalle ed estrarre la scatola fatidica, di colore bianco e verde, col nome del farmaco in stampatello rosso e blu: Tachicaf, 1000 mg/130 mg, granulato effervescente per soluzione orale, paracetamolo/caffeina. Gli pare strano che la caffeina possa far bene al mal di testa, considerando la sua pressione alta, ma tant’è, quello che conta è il risultato. Le bustine sono in coppia, occorre separarle, col rischio di strappare male e rovesciarne il contenuto. Va in cucina, riempie mezzo bicchiere d’acqua romana, satura di calcio, e sgranocchia una fetta biscottata vicina alla data di scadenza, per non assumere il farmaco a digiuno e dare tempo alla polvere di sciogliersi nel liquido; ingurgitata la pozione, sperimenta un sollievo tanto autentico quanto irragionevole. Mentre già si sente meglio, passa in rassegna gli ultimi capitoli: il senso di mistero nei luoghi e le persone, scrivere di ciò che assorbe l’immaginazione, la soluzione positiva implicita nell’arte, il racconto che si forma dal racconto, scrivere di ciò che si conosce, l’importanza della scenografia, la suggestione dei luoghi immaginari. Ha la sensazione di ripetersi, di far passare tra le mani un filo sovraccarico di nodi inestricabili, di svolgere temi che si presentano sotto aspetti solo apparentemente alternativi: ma l’emicrania è passata ed è felice lo stesso, nonostante.



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