Licia Satirico per il Simplicissimus
Le primarie del Pdl «sono state decise da un ufficio di presidenza presieduto da Berlusconi, non sono un’iniziativa di altri»: con queste parole, pronunciate a Fiuggi all’assemblea generale dei giovani del Pdl, Angelino Alfano cerca di convincere se stesso che il suo mentore non ha intenzione di scaricarlo, trasformandolo in capro espiatorio dei fallimenti recenti del Popolo delle libertà. Il segretario eletto per investitura medievale fa notare alla stampa di esser stato dato troppe volte per spacciato, ma di essere un tipo tenace. Si torna quindi a parlare di primarie persino nel Pdl, con l’avallo di Quagliariello, di Alemanno e di alcuni ex An, preoccupati dall’annunciata trasformazione del partito in liste civiche. L’ex ministro Giorgia Meloni è pronta a diramare ordini del giorno “anti-veline” per evitare liste pelviche, mentre altri paventano liste ciniche a sostegno del Grande Comunicatore. A volte ritornano.
Dopo mesi di understatement, Cuor di Lenone è tornato a far parlare di sé annunciando che non ci siamo liberati di lui. Silvio “ci sta” a tornare in politica, a condizione di avere il 51 per cento dei voti. L’affermazione vale più per ciò che non dice che per l’enormità che dice: ricorda agli ex An, alle Santanché, ai radicali liberi, ai deputati in libertà provvisoria e al segretario ittico che il Pdl è nato intorno agli interessi di una persona sola, e che ne seguirà le sorti fino alla fine. Si tratta, insomma, di un non-partito che Berlusconi può fare e disfare a suo piacimento al di fuori di ogni sgradevole pluralismo, di ogni indesiderabile alternanza, di successioni dettate se non altro dallo scorrere del tempo. Se le dispute tra Bersani e Renzi non convincono, quelle tra Berlusconi e Alfano non esistono. In entrambi i casi nulla di nuovo sotto il sole: Renzi evoca i Righeira nello stesso giorno in cui Lusi lo tira in ballo per i finanziamenti occulti della Margherita, Bersani chiama in causa una “società civile” totalmente lontana dal mondo reale. Il Pdl presenta le primarie come categoria astratta concessa per decreto dal suo fondatore, salvo poi annunciare la solita discesa in campo del miglior presidente degli ultimi 150 anni.
Ce ne sarebbe abbastanza per riflettere amaramente sulla morte della politica italiana, sostituita da cyborg arroganti che stanno distruggendo in modo esplicito lo Stato sociale. Passano i mesi e il porcellum resta intatto a garantire quella falsa rappresentazione della realtà che da troppi anni ci paralizza in Parlamento. Passano i mesi nella pantomima delle primarie e delle elezioni che nessuno vuole, perché nessuno meglio di Monti sta portando a termine il programma elettorale di Silvio Berlusconi, finanche con l’avallo del Pd. In attesa di facce nuove, ci perdiamo tra le facce di bronzo. Il celeste Aedo della sanità lombarda, abbandonate le sue livree colorate e le misteriose agende, annuncia che l’inchiesta che lo riguarda è un falso e che non si dimetterà: persino gli etologi si domandano come un Passerini abbia nutrito amorevolmente un Formigoni invece di inghiottirlo (e la Regione Lombardia sembra incapace di ricominciare Daccò). Bossi proclama Roma città fecale, annunciando che la Lega è stata massacrata dallo Stato (senza far cenno a proprietà immobiliari, lingotti e lauree albanesi, caduti sull’altare della magistratura deviata). Grillo ospita e promuove sul suo sito un evento di Forza Nuova, salvo smentire l’evidenza. Napolitano sponsorizza la nuova legge sulle intercettazioni dopo la divulgazione delle ansiose telefonate tra Nicola Mancino e il Quirinale. Il dubbio atroce che la trattativa tra Stato e mafia ci sia stata davvero viene trasfigurata in manovra di delegittimazione del Presidente della Repubblica. E noi restiamo senza risposte. In questo clima, sperare in un rinnovamento della politica è possibile solo a condizione di affrontare il nostro rapporto malato col concetto di conflitto d’interessi, prima che la deriva travolga diritti, tutele, legittime aspettative e desideri. Le primarie fantasma del nuovo e del vecchio che avanza si collocano altrove, tra le chimere e le materie di cui sono fatti i sogni. O gli incubi.