Pubblicato da fabrizio centofanti su maggio 1, 2012
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Ora che gli hai raccontato la tua storia, ti sembra più chiara. O più indecifrabile di prima. Si è mostrato interessato riguardo alla bambina che non voleva rivelarti il nome. Ha detto che è una buona idea per un romanzo. Ma a te del romanzo non importa nulla. Vuoi solo capire perché ti è sfuggita, perché da allora non riesci a portare a termine più niente e perché quando Veronica ti si è concessa hai sospettato che fosse lei la bimba diventata donna. Hai la sindrome di Peter Pan? Ti rifiuti di conoscere l’altro, d’incontrarlo veramente, e la bambina era solo il simbolo della tua incapacità? Forse il romanzo di Amerigo potrà sciogliere il nodo che ti toglie il respiro e soffoca sul nascere ogni nuova esperienza. Sei appeso alle dita che scorrono sulla tastiera, guidate dalle tue impressioni e i tuoi ricordi; ti chiede di pensare bene ai lineamenti di Veronica, ai punti in cui potresti sovrapporli a quelli della bimba in bicicletta; ti concentri, pensi al naso dritto che allora era un piccolo naso orgoglioso di puntare verso l’alto, fingendo di non sentire il tuo richiamo; alle mandibole dal tratto deciso, che erano curve dolci, capaci d’indurirsi non appena ti facevi più vicino; alle mani affusolate che un tempo stringevano il manubrio, in forma di batuffoli bianchi che intimavano di startene lontano. Ti convinci che sarà impossibile pervenire a una qualsiasi sicurezza: sei condannato a vivere sospeso sulle ipotesi per il resto della vita. Ti domandi se un romanzo possa risolverti il problema o se piuttosto non avresti bisogno di una seduta psicologica, dell’aiuto di uno strizzacervelli che ne sa una più del diavolo. Ti sono giunte voci intorno a un certo Nino, l’idolo delle signore parigine: si fa chiamare così, solo col nome, valli a capire i medici che scrivono sulle riviste patinate. Magari ha in serbo l’intuizione che manca al paziente e allo scrittore, troppo preso dai suoi sogni per capire qualcosa degli incubi degli altri. Sì, andrai da Nino: solo lui può convincerti a buttare nella Senna i segnalibri trasformati in chiodi che ti fissano al patibolo della nostalgia; solo lui può dirti se Veronica e la bambina in bicicletta sono un’unica persona, il sogno da cui non hai avuto il coraggio di svegliarti. Sei euforico, felice: ti lasci il bar Hemingway alla spalle e voli al lungofiume di alberi e muretti, dove ti aspetta qualcosa di più del capitolo seguente.
