Pubblicato da fabrizio centofanti su gennaio 22, 2012
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Ha la testa che gli gira: ripensa all’azione, alla corsa folle della sera prima. Avrebbe mai pensato di arrivare a questo punto? Sulla tastiera, le dita scorrono da sole. Un eroe? O un fottuto vigliacco, che cerca uno spiraglio nella bambagia in cui si è avvolto fino all’altro ieri? Ha sentito i muscoli intorpiditi sciogliersi e scattare, ha riconquistato in pochi istanti il senso del corpo, abituato a chinarsi sul computer con l’unico fremito di arrivare al fondo della pagina. Ora, lo strappo: bastava che qualcuno reagisse, un poliziotto che estraesse la pistola e sparasse su di loro. Qual è il confine tra la morte e la vita, l’avventura e la follia? Eppure è contento: le mani si muovono per pigiare lettere su lettere, il mondo è la fila di righe accavallate le une sulle altre, gravide dell’emozione che esplode all’improvviso, la gente che si agita, i commessi che sgranano gli occhi, Marius che lancia registri come fossero coriandoli; una festa di nozze: Ester! A chi penserà nel momento in cui il suo nome prende forma sullo schermo e Arturo non può fare a meno di essere sorpreso da un sussulto, Ester! dove sei, perché non mi è possibile raggiungerti, cos’è una vita in cui la meta ti sfugge, in cui allunghi la mano e l’oggetto del desiderio si allontana? Che sia questo che ti spinge a scrivere, un sogno che non diventa mai realtà ma è capace di cambiarla per il fatto stesso di apparire, perché non torni, Arturo, perché non bussi ancora alla sua porta? E se ritrovassi l’uomo dal soprabito scuro e la sciarpa chiusa nell’interno, se un ostacolo ti separasse ancora e sempre dall’amore, dal bene, se avesse ragione, Marius, a urlare e lanciare registri per agguantare quello che la vita ha deciso di non dargli, se il senso delle cose fosse strappare al destino un brandello di allegria, un frammento insperato di felicità, se il segreto fosse nelle mani degli uomini d’azione, di coloro a cui mai è saltato in mente di scrivere una riga e ignorano le parole che corrono verso la fine della frase come rapinatori che scommettono sul tempo e sullo spazio, confidando che nessuno metta mano all’impugnatura della Smith & Wesson, chiedendo soccorso alla fortuna, dichiarandosi discepoli del caso che sgrana il suo rosario di gesti e movimenti come il giocatore alza pile interminabili di fiches, perché la vita è un gioco e l’importante è stare sempre dalla parte di chi vince, di chi riesce a strappare dalla presa ferma del destino la borsa con l’incasso giornaliero.