495

Da Alicemarinata
È nel tragitto a piedi che tutti i giorni mi porta da casa-studio-centro-studio-casa, che raggiungo alti livelli di pensiero. (Dove per alti non s'intende nella loro qualità).
Prima per esempio, ho appurato che il luogo pubblico dove grazie alla CONDIVISIONE di un comune disagio provocato dall'inaccettabile mal servizio pubblico di Roma ti permette di interagire con altri individui è : la fermata dell'autobus. Qui, a causa dei ritardi si trascorrono momenti di assoluta impotenza e s'incontrano contrapposte sfere generazionali unite in un unico pensiero uguale per tutti. L'attesa porta ansia, l'ansia il più delle volte al non ragionamento o nei casi più fortunati ad un ragionamento parziale, ma certe altre, disinibisce.
Pertanto, nella fattispecie, l'autobus ha saltato una corsa e la successiva porta un ritardo di 25 minuti che, sommati ai precedenti sono circa un'ora.
Alla fermata il ragazzo misantropo, è incazzato nero poiché le Poste stanno per chiudere e rischia di non poter ritirare il pacco ordinato su E-bay contenente il chiodo che brama di indossare. Si consola nello sguardo rassicurante ma altresì preoccupato di una dolce signora anziana che a sua volta, teme le furie del marito, il quale affamato ed impaziente , è indubbiamente già seduto a tavola nell'attesa che una calda pietanza si palesi di fronte ai suoi occhi incurante del dettaglio che la tavola non è ancora apparecchia e, soprattutto, che la moglie non è ancora rincasata santo cielo!!
Seduta sulla sua valigia c'è la studentessa fuori sede (e forse anche fuori corso) che ormai come ogni Lunedì tenta l'impresa impossibile di giungere in orario alla lezione delle 13:00 e fra le varie distrazioni del suo smartphone, origlia il discorso che si è instaurato tra la nonna ed "il chiodo". E' incredibile, le sembrano parenti quanto complici. Tuttavia, terminata la conversazione con la sua amica, avvisata del ritardo e quindi invitata a procedere verso l'Università, la ragazza si unisce al discorso dei due sottolineando la regolarità con il quale effettivamente quella corsa porti ritardo, e quindi anche con cui lei perde puntualmente la prima lezione del Lunedì. Contestualmente una serie di altre persone è salita e scesa da altre linee ma del 495 nemmeno l'ombra. Propensa nel soffermarmi ad interagire con queste persone ne vengo impedita dall'interruzione per l'arrivo di una chiamata. È mia madre: << "Ciao Pippa come stai?" >>
<< Ciaomamma!Sonoancoravivascusatantosenonmisonfattasentiremaèstataunasettimana
moltoimpegnativa!Come state? Tutti bene? >>
<< Si Alice, volevo dirti che..>>
(In lontananza il 495)
<< Mamma scusa tanto ma ti devo salutare!Ti chiamo appena arrivo a casa. Ti voglio bene >>
Rallento il passo in modo da non allontanarmi troppo dalla fermata per non perder il momento in cui una volta saliti sull'autobus, ognuno prende la propria strada e diventa sconosciuto . E il discorso appena iniziato? I saluti? E la complicità?!? Ma d'altronde il 495 è arrivato e nessuno di loro ha di che spartire con l'altro, quindi ritornano alla propria vita ed a considerarsi perfetti sconosciuti. Alzo il volume nelle cuffie e procedo a mia volta per la mia strada. Come di consueto all'angolo, seduta davanti l'ingresso del supermercato c'è la zingara con sua figlia che chiedono l'elemosina. Controllo nelle tasche ma ho finito le gomme alla fragola percui stavolta ci scambiamo solo un sorriso. Arrivo a casa, prendo gli occhiali da vista che sbadatamente la mattina mi ero scordata e torno ad affrontare la mia giornata ma per farlo, altro tragitto a piedi e così altre scene, altre attese ai semafori, altre strade, altre vie, altre persone,visi, indumenti, accessori stravaganti, altri odori, altri rumori, cani, gatti e padroni e con la musica nelle orecchie, mi godo ciò che di più semplice una città può offrire ad una curiosa come me.

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