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4a Domenica di Quaresima - Anno B

Creato il 16 marzo 2012 da Ambrogio Ponzi @lucecolore

18 marzo 2012

4a Domenica di Quaresima - Anno B

4a DOMENICA DI QUARESIMA Anno B


La croce non è soltanto un segno della cultura o della storia, va ben oltre: è la sorgente. Nel silenzio, raccogliamo un po’ di grazia di questa sorgente; comunichiamo quanto abbiamo colto e disponiamo il cuore alla preghiera per arrivare poi all’azione. L’icona del Crocifisso potrebbe essere san Francesco,  fisicamente ferito con le stigmate e a sua volta sorgente di una singolarissima offerta di amore. L’esperienza di Francesco ci mostra un mondo diverso, dove ogni creatura canta; e la croce è il frutto positivo di questa corrente di amore. Intervento don Lino del 15 marzo 2012
Antifona d'Ingresso Is 66,10-11Rallégrati, Gerusalemme,
e voi tutti che l'amate, riunitevi.
Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza:
saziatevi dell'abbondanza
della vostra consolazione.


CollettaDio buono e fedele, che mai ti stanchi di richiamare gli erranti a vera conversione e nel tuo Figlio innalzato sulla croce ci guarisci dai morsi del maligno, donaci la ricchezza della tua grazia, perché rinnovati nello spirito possiamo corrispondere al tuo eterno e sconfinato amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...


LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura 2 Cr 36,14-16.19-23Con l’esilio e la liberazione del popolo si manifesta l’ira e la misericordia del Signore.Dal secondo libro delle Cronache In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi
[i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re [dei Caldei] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni». Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».
  • Parola di Dio

Salmo Responsoriale Dal Salmo 136
Rit. : Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre. – Rit.
Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!». - Rit.
Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra. - Rit.
Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia. - Rit.

Seconda Lettura Ef 2,4-10Morti per le colpe, siamo stati salvati per grazia.Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo. - Parola di Dio
Canto al Vangelo Gv 3,16
Lode e onore a te, Signore Gesù! Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; chiunque crede in lui ha la vita eterna. Lode e onore a te, Signore Gesù!
VangeloGv 3,14-21
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.


Dal vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». - Parola del Signore
  • Contesto del brano. Si tratta di Nicodemo, uno dei capi: persona autorevole, era rimasto colpito dalla figura di Gesù, dalla sua Parola e dai segni che operava, però non si decideva a fare il passo ulteriore. Era molto diviso: teneva alla sua reputazione, fedele alla sua tradizione ebraica, ma d’altra parte si sentiva attratto dal Signore senza però arrivare ad una decisione netta.
L’interesse per Gesù lo spinge a cercare un colloquio di notte, quando nessuno poteva vedere o sentire e quindi sapere. Senza compromettersi, arriva all’incontro e Gesù lo accoglie. Lui lo chiama Rabbi per dire il rispetto nei suoi confronti. In sostanza, nel loro colloquio discutono della salvezza. Gesù parla di un rinascere dall’alto: se uno non rinasce dall’alto, dallo Spirito, non entra nel Regno dei cieli. Nicodemo non riesce a capire il significato, perché per lui l’importante era l’osservanza della legge. Il tratto letto si inserisce in questo momento. Per entrare nel dialogo tra Gesù e Nicodemo, considererei le parole- chiave che fanno la densità del brano.
Il primo passaggio riguarda il paragone che Gesù stabilisce tra la situazione che Lui annuncia e un episodio importante che succede nel deserto quando il popolo, per la ribellione a Dio, è assalito da serpenti velenosi che causano morti. Di fronte alla lamentela e all’implorazione di Mosè e del popolo, viene suggerito da Dio a Mosè di innalzare un serpente su un bastone in modo che fosse visibile da tutto il popolo; e chi era stato morso, se lo guardava, veniva risanato. Prima parola-chiave: INNALZARE . Mosè innalzò il serpente per la salvezza in cambio di uno sguardo fiducioso. Gesù va oltre l’episodio: l’innalzato ora è il Figlio di Dio. Perché l’innalzamento? La seconda parola-chiave è: CREDERE L’innalzato provoca la fede di chi lo guarda, apre la persona alla vita eterna intesa non come la vita futura, ma la vita vera, autentica.
Il secondo passaggio richiama in maniera esplicita Dio e il suo amore, e l’amore di Dio per il mondo. Dio è la sorgente, l’amore è la forza, il mondo è il beneficiario. Badate bene: non si tratta di un amore sentimentale, ma di dare un dono, di dare una consegna totale del Figlio all’uomo per la sua salvezza. Il Padre fa dono del Figlio per la salvezza del mondo; a questa salvezza si accede con la fede. Il credere nell’innalzamento porta alla vita eterna, perché fa incontrare la persona con l’amore di Dio. Dio non ha mandato nel mondo il Figlio per giudicare, ma per salvare il mondo. Se ci ha dato il Figlio, ci ha dato tutto affinché noi possiamo essere salvi. L’agire di Dio nella storia è sempre per la salvezza. Chi crede in Lui non è condannato, perché la fede salva. La fede è abbandono alla sua misericordia e al suo amore. La salvezza viene annullata dal rifiuto e dalla chiusura: non affidarsi a Dio, non credere alla sua volontà di amore e di vita porta alla chiusura, che è buio e fa restare nel buio. Pensando a questi passaggi e tornando alle parole iniziali, l’innalzamento non solo evoca l’episodio raccontato nel libro dei Numeri, ma fa riferimento al Crocifisso, che è il cuore di tutto il Vangelo. Tutto è legato all’innalzamento del Figlio per amore del Padre che affida il Figlio all’accoglienza mondo. L’innalzamento rimanda alla croce. Punto ultimo di riferimento è il Crocifisso: non un Gesù generico, ma un Dio che ci dona il Figlio in croce. C’è un movimento di amore che ha la sorgente nel Padre, che defluisce nel Figlio e da Lui nello Spirito Santo; e da loro a noi. E se noi accogliamo questa corrente, diventiamo a nostra volta donatori dell’amore che ha nel Padre la sua sorgente. Il movimento è come un fiume che ha la sua sorgente in Dio e termina nella croce. Il condannato crocifisso, in genere, veniva innalzato perché tutti lo potessero vedere, condannare, insultare o consolare. Questo è il primo significato. Un ulteriore significato intravede un altro innalzamento: il Cristo innalzato sulla croce sarà innalzato nella gloria (Ascensione) . Il cammino è: dal Padre al Figlio allo Spirito Santo al mondo con un ritorno. Il Cristo, dopo aver speso l’esistenza secondo la volontà del Padre, ritorna al Padre glorioso; c’è un innalzamento glorioso. Nella fede, la croce è la sintesi, perché rimanda alla radice e all’esito, alla partenza (l’amore del Padre), e alla conclusione, la gloria del Figlio nel Padre e di quanti credono in Lui. Si rafforza così l’importanza di fissare lo sguardo, essere attaccati a quel segno che rimanda ad una ricchezza precedente e allo sbocco successivo. La croce non è così una realtà drammatica, chiusa e soffocante, ma lo snodo di tutta questa forza di vita. La croce non è luogo del permanere, ma è il luogo dove, raggiunti dall’amore del Padre, possiamo dare una risposta di amore e di vita: l’innalzamento rimanda alla forza dell’amore. È importante cogliere come questo amore non si ferma. Il Padre ama ed è fonte di amore, un amore che non resta chiuso in se stesso, ma si dona al Figlio e insieme generano lo Spirito; e la Trinità – Padre, Figlio, Spirito – straripa e diventa una forza creatrice che fa nuovo tutto. Questa apertura non è però un viaggio di piacere, perché urta contro l’egoismo in tutte le sue forme, fino a quelle più tremende caratterizzate da forte violenza. Ciò implica e suggerisce un preciso atteggiamento: restare con lo sguardo fisso all’Innalzato, non lasciarlo mai per la ricchezza che questo comporta come esperienza di amore che paga il prezzo dello scontro e va oltre; è un invito forte alla speranza e alla sequela. Anche noi siamo chiamati ad amare, a pagarne il prezzo nella quotidiana conversione nelle piccole cose che ogni giorno facciamo cercando di superare l’accentramento su noi stessi. A chi guardiamo? Lo sguardo è decisivo. Noi siamo ciò che guardiamo. C’è chi guarda alla carriera, al possedere, al successo personale….e così lo sguardo non è sull’Innalzato.
  • Qualche possibile impegno.

  • Conversione quaresimale come riscoperta della pienezza di vita di cui l’Innalzato è portatore. La nostra conversione consiste nell’amare sempre di più Colui che ci dà la forza di amare; e, nel seguirlo, possiamo essere portatori di amore.
Tornerei sul punto precedente: dove è fisso il nostro sguardo? Chiediamo la grazia della conversione, di poter passare da uno sguardo scorretto a quello che ci dà la vita.
  • Il segno di Croce : facciamo tanti segni di croce senza anima; cerchiamo di avere cura di questi piccoli segni.

  • L’atto penitenziale, la confessione, come frutto della croce.
In alcune icone si vede un angelo che raccoglie il sangue…. sono immagini semplici, se vogliamo ingenue, che però ci richiamano il fatto fondamentale: siamo figli dell’ Innalzato nello Spirito.
RIFLESSIONI
Gesù disse a Nicodemo: Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
Il fatto decisivo è credere: non in senso debole di una adesione emotiva… ma nel senso forte di affidare tutta la propria attesa di vita. Credere in chi…? Genericamente in Dio? In Cristo?
Nell’innalzato ! E’ la parola-chiave, che apre ad una straordinaria visione di vita. Il primo livello di senso è apertamente indicato da Gesù: è l’innalzamento del serpente. Riferimento non banale se, ai fini del restare in vita, si chiedeva ai morsicati di guardare fiduciosi a quel segno (Nm 21,4-9). L’innalzamento, inteso come intenzione ultima, prefigura l’innalzamento della croce: l’innalzato è CRISTO CROCIFISSO. Ma non è tutto. L’innalzamento della crocefissione rimanda, come esito finale, all’innalzamento del ritorno di GESU’ al Padre e alla sua gloria.
Restano le domande di fondo: Qual è il soggetto e l’energia che muove tutto? L’amore del Padre per ogni persona, della quale vuole solo la salvezza. Qual è la nostra parte ? Noi abbiamo il potere tremendo di accogliere o di chiuderci a Gesù. Come concretizzarla: - chiedere grazia e mettere impegno per rinnovare l‘adesione a Cristo Crocifisso e Risorto; - rivedere i più semplici gesti legati al Crocifisso:
  • segno di croce,
  • dare tempo a contemplare la croce, facendo memoria dei suoi messaggi,
- vivere il sacramento della penitenza come frutto della croce.

INVITO


Contempliamo la verità appesa alla croce, senza bellezza e splendore”, e comprenderemo l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo
(Monaco medioevale citato da EB.)


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